«Papa hard rock, Zapatero lentissimo»

Quaranta minuti di satira politica rock senza tregua che travolgono tutto inneggiando alla satira come il sale della democrazia. Però l'obiettivo è sempre lui: Silvio. «Silviuccio ti voglio aiutare», grida Benigni e si indigna: «Tutto 'sto casino che è successo per un bischero come Celentano non l'ho capito: l'hanno preso sul serio, pure all'estero, con questa storia della libertà...», dice Benignaccio che poi si rivolge direttamente al premier e un po' lo bacchetta: «Ma questo è uno show! Berlusconi, ma ci sei rimasto male? Magari è lì, davanti al video, che segna anche il nome di Benigni nella lista... Dai Silvio che ti vogliamo bene... Quando un comico prende in giro un politico gli fa bene, e io stasera Silviuccio ti voglio aiutare...». Graffiante, terribile ma comico vero, Benigni alla fine, con grazia crudele colpisce tutti, però: «Silvio vieni a fare il comico, puoi dire tutto. Qui è la casa delle libertà, puoi fare quello che vuoi. Tra politici non si può dire tutto. E invece a Prodi hai voglia di dire delle cose. "Prodi con quel culone fai schifo, con le chiappe a mortadella, con un pisellino così. Fai schifo Prodi. Fassino, D'Alema, Bertinotti fatte schifo tutti. Falli cascare tutti. Se vieni qui puoi fare tutto, le corna, la bandana. Dai, Berlusconi». Poi citando Totò e Peppino detta a un Celentano remissivo una lettera «riparatoria» al premier Berlusconi per la prima puntata di Rockpolitik: «Se vuoi cerco di tirarti fuori: dovresti scrivere una lettera a Berlusconi di scuse». Di qui l'esilarante dettatura di Benigni a Celentano, seduto ubbidiente dietro un banchetto. Una gag lunghissima, che in sintesi vuole dire: fateci prendere in giro i politici, fateci essere pure un po' faziosi, se però lo facciamo senza esagerare, con classe. E alla fine magari gli facciamo pure vincere le elezioni. Una gag che entusiasma anche il ministro Landolfi che sottolinea: «Questa sì che è vera satira, un grande Benigni». Cita Voltaire e poi l'Apologia Socrate, Benigni, dopo essersi messo in mutande e aver ballato guancia a guancia con Adriano. Un Celentano che prima di duettare con Eros Ramazzotti ne «Il ragazzo della via Gluck» ha continuato il suo tormentone «lento e rock», puntando su temi forti. Anzi, lo dice subito: è contrario ai matrimoni tra gay, trova rock, anzi hard rock, il Papa e invece «lentissimo» il premier spagnolo Zapatero. Insomma, la sua lunghissima filastrocca-tormentone su lento e rock entra subito nel vivo e scatena subito la protesta del diessino Grillini, che s'infuria. Il predicatore-Molleggiato quindi è sempre in vena di dire la sua e stavolta dà fastidio al centrosinistra zapaterista. «Ehi fatemi parlare» afferma con i versi iniziali della nuova canzone scritta da Paolo Conte «L'indiano» e poi continua il tormentone. «Un tedesco che guida la Ferrari è rock, se però non impara l'italiano è lento» dice riferendosi a Schumacher. Contro la droga, ambientalista, ecologico e conformista nel suo anticonformismo anni '70, Celentano incontra Valentino Rossi che si adegua e spinge i politici a «comprarsi una moto e andare a fare un giro ogni tanto, così sono più sereni». Ma è Crozza che da il via alla satira in par condicio. «In tempo di elezioni tu sei l'unico comunista in Italia ad avere un programma», afferma il comico nei panni di Compay Segundo e aggiunge: «ma sei comunista solo da una settimana». Tuoni, lampi, fulmini e saette. In un buio pesto si presenta Antonio Cornacchione. «Il tempo sta cambiando» dice a Celentano «Magari passa», risponde il conduttore, alludendo apertamente alla bufera politica scatenata dal programma. Poi parte il maxiblob politico in cui attacca tutti, da Bossi che dichiarava «mai con i fascisti», a Prodi che cercava di difendersi dalle accuse riguardanti l'Iri. In finale le immagini di una stretta di mano tra Prodi e Berlusconi. Ancora il tempo per Crozza che fa Tom Jones e intona Sex Bomb («Una legge bomba, ci serve una legge bomba, così gli italiani ci rivotano...»