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di GIULIA CERASOLI IL direttore della Rai Alfredo Meocci è preoccupato.

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Il bilancio della Rai nel 2006 sarà «in rosso» e per Meocci «è un'azienda che rischia di diventare una piccola Rai». Altro che ascolti record e Rai a gonfie vele. Se non si corre ai ripari si va a picco. Il dg infatti individua il «rischio di una perdita tendenziale di oltre 80 milioni di euro». E individua nell'assenza di aumento del canone, nel limite del tetto pubblicitario e nelle spese di adeguamento tecnologico, gran parte dei motivi di questo declino economico. Infatti, spiega, il canone, che rappresenta il 50% dei ricavi del gruppo, cresce ad un tasso pari a circa la metà di quello del mercato pubblicitario e meno dell'inflazione: negli ultimi sei anni è aumentato del 9%, l'inflazione del 14% con un impatto sui conti dell'azienda da 60-80 milioni di euro. Quanto agli affollamenti pubblicitari il dg ricorda che sono più rigidi della tv commerciale e questo penalizza la Rai. In questo scenario la Rai, che ha «una struttura industriale pesante», ha dovuto far fronte alla crescita esponenziale dei costi dei diritti sportivi e a forti investimenti per l'innovazione tecnologica e dei centri di produzione. Sforzi che di fatto sottraggono risorse al prodotto: gli investimenti nei palinsesti non sono cresciuti dal 2001. Non solo, ma il precedente vertice si era preparato all'ingresso dei privati prevista dalla legge con un progetto «non indolore»: di fatto però la privatizzazione ora è sospesa e restano gli elementi di criticità. Se da una parte il ministro Landolfi però continua a essere convinto che il canone «non aumenterà», l'allarme-conti di Meocci viene interpretato da molti come un atto d'accusa verso il suo predecessore, che avrebbe quindi presentato un bilancio edulcorato del servizio pubblico per il 2005. Ma Cattaneo replica subito: «Il 2005 chiuderà in utile, così come era stato per il primo semestre e anche il 2006, se verranno approvati gli action plan, non presenterà particolari criticità. La mia responsabilità - rileva - è comunque limitata al periodo nel quale ero Direttore Generale». La querelle sul bilancio solletica molto la sinistra e così, nei corridoi di viale Mazzini c'è chi parla di «mani bucate» di questo nuovo Cda che avrebbe in pochi mesi speso «troppo» rifacendo ad esempio tutti i banchi regia degli studi Tv e aumentando i contratti dei reality più importanti... Alla fine l'azienda però interviene e precisa «che la correttezza dei bilanci Rai è garantita anche dalle società di revisione». In ogni caso la situazione economica si presenta allarmante, per Meocci, nonostante i record dell'Auditel. La Rai infatti è in testa rispetto a Mediaset nel periodo di garanzia. Risultati che, rivendica il dg, hanno spinto anche la Sipra ridurre il pessimismo sulla chiusura del 2005, per la quale si era parlato di un buco da 35 milioni di euro. Ma non basta. E neppure Celentano basta. Quel Celentano che stasera offrirà il pulpito al guastatore cantastorie Roberto Benigni e potrebbe a sorpresa ospitare anche una telefonata di Silvio Berlusconi. Su Celentano Meocci (che stasera non ci andrà) non cambia idea («se volevamo uno show-camomilla non dovevamo fargli un contratto», dice), ma puntualizza la sua posizione: «Forse io avrei proposto un contratto più ristretto, ma poi avrebbe accettato? Per quanto riguarda Del Noce, l'ho detto. Non potevo certo abbandonare lo studio su due piedi. Con Del Noce però è stato veramente pesante...». E per stasera ha delle raccomandazioni per il Molleggiato: «Beh, c'è Benigni. Di Adriano apprezzo la schiettezza e la capacità di denuncia. Speravo però che nelle sue denunce approfondisse di più i temi dei suoi spot. Che parlasse di più dei problemi del Terzo Mondo, quelli di cui si parla troppo poco sempre... Invece di dare tanto spazio alla polemica politica».

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