Un giornale di An: «Landolfi attaccato al posto»
Il «Roma» accusa il suo ex editorialista: «Sì alla devolution che prima attaccava»
L'accusa al titolare delle Comunicazioni arriva dal Roma, il quotidiano di proprietà del deputato di An Italo Bocchino, conterraneo dello stesso Landolfi (entrambi del Casertano). Il Roma, che ha avuto in passato come editorialista proprio Landolfi, è il quotidiano vicino a Destra protagonista, la corrente di maggioranza del partito di Fini che fa capo a Gasparri (sostituito proprio da Landolfi) e La Russa. E bacchetta il ministro con un editoriale non firmato comparso nella prima pagina dell'edizione di ieri: «Cambiare idea è lecito, per carità di Dio. Anzi, c'è pure chi dice che solo i fessi non cambiano idea. Maturare, accorgersi di avere sbagliato, tornare sui propri passi: sono tutte virtù dei forti. Soprattuto se la posta in gioco è un posto. E che posto. Il ministero delle Comunicazioni. Di chi stiamo parlando? Ovvio di Mario Landolfi. E del suo rapporto catulliano con la devolution. Già. Perché Landolfi, quella legge, un po' la ama e un po' la odia. Oggi la ama. Vota convinto e dice: "Questa riforma tanto vituperata riporta molte competenze allo Stato e recupera la nozione di interesse nazionale che invece era stata mandata in soffitta dalla riforma dell'Ulivo"». Dopo aver ricordato il commento di due giorni fa, nell'editoriale si ricordano tutte le prese di posizioni di Landolfi nell'ultimo anno sulla devolution, quando non era ministro. Si comincia dal 10 settembre 2004 l'allora portavoce di An ai microfoni di Radio Radicale disse: «Ci sono dei problemi sui quali va fatta chiarezza. Quando si mette mano alla Costituzione bisogna soprattutto preoccuparsi di redigere un corpo di norme che sia coerente con le finalità che ci si prefigge di raggiungere. Mi sembra che siamo ancora molto lontani da questo». Il giornale di An rincara poi la dose: «Insomma il messaggio è chiaro - si legge ancora nell'articolo -: la devolution, costituzionalmente parlando, è una mezza schifezza. Il 16 settembre 2004 l'allora portavoce di An va ancora dritto per la sua strada. Il suo nome figura tra gli otto "dissidenti" della maggioranza che preparano un pacchetto di modifiche per stravolgere il testo stilato dai saggi della Cdl. A questo punto è lo stesso Fini che richiama all'ordine i suoi». E continua: «L'ultimo atto si consuma il 15 ottobre 2004, giorno in cui la Camera è chiamata al voto finale sulla devolution. Ebbene, al momento della votazione finale, Landolfi abbandona l'aula in segno di protesta contro una legge che non gli piace. Un anno dopo, la sorpresa, Mario ora è ministro. È entrato a far parte di quel governo che, per tanto così, non ha mandato a casa con i suoi emendamenti al pepe verde. Ora però lui è cambiato». Arriva la stilettata finale: «La devolution? Per lui ora la legge è buona. È contro il Sud? E chi l'ha detto? Forse qualche Masaniello di passaggio, non Landolfi. O forse non più. Piroette? Incorerenza? Guai, che nessuno s'azzardi. Realpolitik. Questa è Realpolitik».