De Michelis non sceglie. Contestato
Il segretario del Nuovo Psi apre a Sdi e Pannella ma non chiarisce se passerà con l'Unione
Forse è azzardato fare paragoni con Turati e Serrati, e sicuramente esagera quel delegato che commenta le contestazioni al segretario da parte di un gruppetto di giovani «fusionisti» facendo un paragone con il congresso di Livorno del '21. Ma gli animi sono sicuramente surriscaldati, e la impossibilità di sancire prima dell'inizio dei lavori la validità della elezione di tutti i 1.150 delegati fa capire come il V congresso del Nuovo Psi parta in salita. Gianni De Michelis ne è ben consapevole, e per due ore ragiona ad alta voce dal palco rivolgendosi al congresso più da «cittadino socialista» che da segretario del partito. E alla fine, con quella camicia zuppa di sudore che fa trasparire la canottiera, il pensiero non può non andare al congresso socialista di Bari, uno dei più difficili per Bettino Craxi. La platea è venuta a Roma per decidere, convinta di essere di fronte ad un bivio e che ci sia solo da optare se restare a destra, come negli ultimi anni, o sterzare a sinistra, e andare così incontro allo Sdi di Boselli, ai radicali di Pannella, e alla miriade di piccole formazioni nate dopo la diaspora socialista: dal «Socialismo è libertà» di Rino Formica al movimento «Unità socialista» di Claudio Signorile, fino al «Riformismo oggi» di Giulio Di Donato. Ma De Michelis spiega subito che parlerà sì da semplice iscritto, senza però dimenticare di essere il segretario, con il dovere quindi di tentare di salvaguardare l'unità del partito. Due ore di discorso per parlare quindi a Bobo Craxi, che si sente già al di là del guado e chiede al partito di raggiungerlo, ma anche a Chiara Moroni e Stefano Caldoro, che non hanno alcuna intenzione di lasciare la riva in cui stanno ormai da anni. E il nocciolo del discorso di De Michelis è semplice: non siamo ad un bivio, non siamo qui a dover scegliere se andare con Berlusconi o con Prodi. «Se fosse così semplice...». Una conclusione che lascia l'amaro in bocca all'ala sinistra del partito, e che delude anche i possibili interlocutori. E infatti Boselli rinuncia a tornare oggi a seguire i lavori congressuali. Ma De Michelis è convintissimo, e lo ripete più volte: la situazione è ben più complessa, e sta cambiando ogni giorno. Il «bipolarismo bastardo», come lo chiama da anni, è finito, ma anche fuori dall'Italia lo scenario è in continua evoluzione. Le due grandi opzioni del recente passato, avverte De Michelis, il tatcherismo e la gauche plurielle, sono finite. La soluzione alla crisi di questi anni, assicura il segretario, viene dalla Germania: la Grosse Koalition. Schroeder ha scelto di fare a meno della sinistra radicale, ed è questa la via per superare il pluralismo che invece spinge ad aggregare l'aggregabile, condannando la coalizione vincente alla paralisi. E fa una scommessa, quasi certo di vincere: anche in Italia, l'anno prossimo, il bipolarismo salterà definitivamente, e si andrà ad una Grande Coalizione. De Michelis ha parole comprensive per chi ha fretta, ma anche per chi non vuole lasciare quella Cdl che ha consentito la sopravvivenza del Garofano. Ed altrettanto ecumenicamente distribuisce critiche. Così manifesta comprensione a Stefania Craxi per la sua richiesta di verità storica sul padre, ma la rimprovera per aver messo in ombra la questione socialista. E una bacchettata la riserva anche a Giuliano Amato per aver trattato in questi giorni l'Internazionale socialista come un ferro vecchio. Assicura anche i «cidiellini» del partito, e chiarisce che in ogni caso il Nuovo Psi non rimetterà in discussione le alleanze strette nelle giunte locali. Un po' come avveniva nella Prima Repubblica, ma a ruoli invertiti, quando il Psi stava al governo con la Dc, ma amministrava Comuni e Regioni con il Pci. Ad entrambe le fazioni chiede un atto di fiducia: un mandato ad esplorare la «percorribilità» di un'alleanza elettorale con Sdi, Radicali e gli altri spezzoni socialisti. Verificare cioè se esiste un «massimo comun denominatore» perchè l'alleanza non si riduca ad «una scelta meramente elettorale».