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Ciampi fuori gioco, tocca al referendum

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Ma non potrà farle valere in sede di promulgazione del provvedimento con un eventuale rinvio alle Camere. Le leggi costituzionali infatti seguono un diverso iter. Dopo l'approvazione definitiva, prevista a fine anno (manca solo la seconda lettura del Senato, la quarta nel complesso) la riforma non passerà dal Quirinale. Il testo sarà immediatamente pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale a cura del ministro della Giustizia. Entro tre mesi dalla data di approvazione potrà essere proposto un referendum confermativo. Potranno chiederlo un quinto dei componenti di una Camera o cinque consigli regionali oppure 500 mila elettori, secondo le procedure previste dall'articolo 138 della Costituzione. Trascorsi i tre mesi (quindi presumibilmente a marzo-aprile), entro 30 giorni la Corte di Cassazione deciderà con una ordinanza l'ammissibilità delle richieste di referendum. L'esito sarà immediatamente comunicato al governo che, finalmente, sottoporrà la questione al Quirinale: tocca infatti al capo dello Stato (probabilmente ci sarà ancora Ciampi) indire con un Decreto del Presidente della Repubblica il referendum. Deve farlo entro 60 giorni dalla comunicazione dell'ordinanza della Cassazione e la consultazione deve svolgersi fra il 50esimo e il 70esimo giorno successivo al Dpr. È scontato che il referendum sarà chiesto dal centrosinistra, che ha avversato in tutti i modi la riforma voluta da Bossi e Berlusconi e spera di cancellarla con una valanga di «no». Ancora due giorni fa il leader dell'Unione Romano Prodi è tornato a evocare il referendum. «Solo il popolo italiano intero - ha detto - potrà rimediare a questa tragedia con il referendum». La Cdl dà per scontato il tentativo del centrosinistra di azzerare la legge con il referendum e ha adottato una strategia per scongiurare ripercussioni politiche a proprio danno.

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