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Fabris: «L'era della chiamata in piazza è finita»

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Il sociologo avverte: «Prodi non s'illuda, Berlusconi resta il più grande comunicatore»

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Lo spiega a Il Tempo Giampaolo Fabris, docente di sociologia all'università Vita-Salute San Raffaele di Milano, che definisce conclusa «l'era delle piazze». Professor Fabris, come interpreta questo successo di partecipazione alle primarie dopo il fallimento della manifestazione de l'Unione in Piazza del Popolo la domenica precedente? «Ero convinto che ci sarebbe stata una grande partecipazione al voto di queste elezioni primarie. Il centrosinistra aveva molta paura di questo voto e aveva dichiarato alla vigilia che sarebbe stato un successo se al voto avessero partecipato almeno un milione di elettori. Queste dichiarazioni al ribasso erano prevedibili da parte dell'Unione. Tuttavia, ero persuaso che il numero dei partecipanti sarebbe stato superiore. Avevo visto delle ricerche che si attestavano a dati di partecipazione superiori di quelli dichiarati alla vigilia». Appena la domenica prima in piaza con l'Unione c'era solo qualche migliaio di persone. Perché sette giorni dopo invece in milioni vanno alle urne? «Quello che ha chiarito il voto delle elezioni primarie è che la piazza è terminata. È finita questa liturgia. La piazza oggi è riservata solo a grandissimi eventi. La piazza è diventata un reperto paleoindustriale, quello del "grande comizio". Oggi le priorità di partecipazione politica sono altre. Questa è anche una chiave di lettura per capire quale sarà il successo dell'Unione alle prossime elezioni. I sondaggi e l'elettorato sono stati molto chiare sulle critiche dell'elettorato dell'Unione nei confronti dell'attuale presidente del Consiglio e di questa maggioranza». Questo voto significa che l'elettorato ha voglia di essere preso in considerazione dai propri leader? «Sì. Non ci sono dubbi che la risposta delle primarie debba essere interpretata in questa chiave di lettura». Lei consiglierebbe all'elettorato del centrodestra di fare le elezioni primarie come chiedeva Follini? «Credo che l'elettorato degli schieramenti vada coinvolto anche creando delle comunità virtuali per interpellare gli iscritti o i simpatizzanti su singoli temi. Sull'opportunità delle primarie nel centrodestra non posso darle una risposta certa perché non sono un politologo e quindi non rientra tra i miei compiti dare un consiglio di questo genere. Il risultato di oggi è che si può dire che il leader del centrosinistra ha avuto una forte legittimazione popolare. Mentre il leader della maggioranza e del governo non l'ha ancora avuta. Le primarie nell'Unione sono state il frutto di una discussione politica che è durata più di un anno. La Cdl non può svolgerle in poche settimane». Adesso lo scettro di «grande comunicatore» della politica italiana è nelle mani di Romano Prodi? «No, no. Il grande comunicatore della politica italiana resta senza dubbio Silvio Berlusconi. Prodi ha tante virtù ma non è affatto un grande comunicatore. Questo voto significa che l'orientamento politico si sposta nell'Unione».

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