Tremonti riduce le spese ai ministeri
Il Consiglio dei ministri ha varato una correzione da 1,9 miliardi, indispensabile per centrare l'obiettivo di un deficit al 4,3% per fine anno. Un aggiustamento reso necessario dalla mancata attuazione di alcune misure contenute nella scorsa Finanziaria che ha aperto un buco nei conti pubblici. L'ammanco avrebbe compromesso l'efficacia della Finanziaria 2006. La manovrina consiste in una stretta da 1,15 miliardi sulle spese per beni e servizi della pubblica amministrazione che negli ultimi tre mesi dell'anno dovranno essere ridotte del 30%, dalla ridefinizione della tassa sul tubo eliminata nella versione originaria dalla Finanziaria 2006 e che dovrebbe portare un gettito da 800 milioni, e dall'accelerazione della vendita di immobili pubblici. «Non c'è nulla di drammatico e siamo sicuri di centrare l'obiettivo di deficit che ci siamo posti per il 2005» ha detto il ministro dell'Economia Giulio Tremonti ribadendo che i conti «non sono allo sfascio». Il premier Berlusconi ha sottolineato che la correzione dei conti avverrà «senza mettere le mani nelle tasche degli italiani». Ma vediamo nel dettaglio i provvedimenti varati ieri. Non c'è stato il consueto taglia-spese che come aveva detto il presidente della Corte dei Conti Francesco Staderini avrebbe provocato un effetto di rimbalzo aumentando le spese del prossimo anno. Tremonti ha deciso di tirare la cinghia ai ministeri con un decreto legge considerato «più efficace». Il taglio alle spese intermedie delle pubbliche amministrazioni si aggiungerà al tetto del 2% previsto dalla scorsa Finanziaria. La decisione è stata presa senza tante opposizioni da parte dei ministri. È la seconda volta che Tremonti riesce a far digerire misure dolorose mettendo a tacere i colleghi di governo. La Finanziaria è stata messa a punto nel giro di un paio di giorni e approvata dal Consiglio dei ministri in una seduta lampo. Lo stesso è accaduto ieri. Dai tagli sono esclusi i settori della difesa e della sicurezza e anche gli investimenti. A stringere la cinghia saranno quindi solo i ministeri. Altro gettito verrà da una rivisitazione della tassa sul tubo che scompare dalla Manovra 2006. Le imprese di gas e elettricità che hanno grandi reti dovranno pagare più tasse già dall'acconto di novembre attraverso una rimodulazione degli sconti previsti sotto forma di ammortamento sulle spese materiali per la realizzazione di oleodotti e gasdotti. Tremonti ha detto che «non è una nuova tassa ma la riduzione di un ingiusto privilegio». Il ministro ha spiegato che nel settore, per un meccanismo complesso, si sommano i benefici degli ammortamenti civili con quelli tributari. L'incasso per lo Stato dovrebbe essere di 800 milioni. La norma sarà strutturale, cioè varrà da ora in poi. La tassa sul tubo sarà stralciata dalla Finanziaria con un emendamento. Soddisfatta Snam Rete Gas: «il provvedimento non produce impatti sul risultato economico salvo per gli oneri finanziari connessi all'anticipazione delle imposte correlate». Il mercato ha accolto bene la misura tant'è che dopo giorni di ribassi, i titoli Snam Rete Gas e Terna sono risaliti dell'1,68% e del 2,24%. La manovra contiene anche alcune norme per snellire le procedure di vendita degli immobili.