L'amarezza del leader: questa non è più la mia Udc

E anche oggi, nel passaggio più delicato della sua vita politica, Marco Follini non smentirà la sua fama. Alle 10 in punto, davanti alla direzione dell'Udc all'hotel Minerva (Casini non ci sarà), leggerà un testo di appena due cartelle e mezza, scritto da giorni, in cui ribadirà punto per punto la sua linea. E misurerà la distanza che la separa da quella che sembra prevalere nel partito. Un intervento breve ed emotivamente molto intenso per spiegare in modo secco che il partito che ha guidato dalla fondazione, nel dicembre del 2002, leale ma non succube a Berlusconi, non è più lo stesso. Lo strappo si è consumato su un tema caro all'Udc, il ritorno alla proporzionale. Per l'insieme del partito la riforma approvata dalla Camera è un successo fondamentale. Per Follini, invece, non è così. Ma anche la decisione di rinviare la direzione a dopo il voto a Montecitorio, spiegherà, testimonia la volontà di non intralciare, anzi di agevolare il percorso del testo. Al di là della qualità della riforma, più o meno salvifica per il paese, sosterrà, il tema è più generale e riguarda la linea del partito. In maniera puntigliosa Follini osserverà che l'Udc è ormai riposizionato, e che è un partito che nelle ultime settimane ha intrapreso una strada diversa da quella scelta al congresso di luglio, quello che lo ha acclamato segretario: una forza politica pronta a dare il via libera a provvedimenti sui quali in passato ha invece espresso perplessità, basti pensare al caso della proposta di abolire la par condicio. Ad una linea politica diversa, concluderà Follini, non può che corrispondere un diverso segretario in grado di interpretarla al meglio. Con buona pace di Berlusconi, ironizzano amaramente alcuni deputati a lui vicini, che solo pochi giorni fa escludeva tale evenienza, bollando il leader centrista come «un democristiano immarcescibile». Follini sottolineerà quindi come la sua concezione della politica prevede una netta distinzione tra i rapporti personali e le questioni politiche. Per quanto riguarda il partito, il segretario dirà che non intende creare spaccature o scissioni. Toccherà alla direzione stabilire la data in cui convocare il Consiglio nazionale, che dovrà decidere chi sarà a guidare il partito nei prossimi mesi. Sarà quella la sede per stabilire se ci sarà un direttorio, un reggente transitorio, o addirittura la convocazione di un congresso a gennaio, prima del voto. In due cartelle e mezza, insomma, una relazione choc per rendere chiaro a tutti l'indisponibilità a gestire una fase di sfarinamento del partito, magari in un nuovo contenitore dei moderati: tesi cara a Casini, considerato sempre di più tra i post-Dc la risorsa su cui puntare nella partita della leadership del centrodestra. Così come non è disponibile a firmare il risultato elettorale del 2006 sulla 'nuovà linea.