Allarme della Corte dei Conti La tassa sul tubo è un danno riduce i dividendi allo Stato
Staderini si chiede se le misure della Finanziaria «saranno sufficienti» a centrare gli obiettivi concordati in sede europea. La correzione del deficit dello 0,8% dipende infatti «oltre dall'andamento dell'economia e anche dalla chiusura del conti 2005». Inoltre «le limitate informazioni sul tendenziale del deficit precludono una verifica» sull'andamento dei conti e sull'efficacia delle misure adottate. In particolare vanno verificate - ha detto Staderini - la «tenuta delle entrate, l'effettiva realizzabilità delle dismissioni, l'andamento dei redditi dei lavoratori pubblici e l'attendibilità delle stime». A complicare il quadro c'è che i risultati di gettito della manovra 2005 sono stati «assai inferiori alle attese». In particolare, a fronte di incassi da dismissioni di immobili previsti in 7 miliardi, sono stati incassati appena 600 milioni nei primi 9 mesi. La Corte dei Conti ha fatto anche una valutazione sull'impatto dei tagli agli enti locali. Il taglio riduce del 10,6% gli importi impegnabili delle regioni del Sud mentre pesa solo il 4,2% su quelle del Centro. Secondo i calcoli dei magistrati contabili la riduzione della spesa impegnabile delle regioni sarà in media del 6,6%, mentre rappresenta un taglio del 5,6% sulle regioni del Nord. La Corte dei Conti pone anche la questione Irap. Il Governo deve impegnarsi per compensare l'eventuale taglio dell'Irap nel caso in cui arrivasse la bocciatura dall'Unione Europea. Promossa la manovra sulle entrate fiscali che «appare sufficientemente credibile». È quanto afferma il presidente della Corte dei conti, Francesco Staderini, nel corso dell'audizione alla commissione Bilancio di Camera e Senato sulla Finanziaria 2006. Staderini ha bocciato la tassa sul tubo perchè pone «problemi di fattibilità, non tecnica, ma giuridica». Le serie perplessità della magistratura contabile riguardano «sia la compatibilità con l'ordinamento comunitario sulla libera circolazione dei beni, sia la mancanza di una relazione specifica tra base imponibile e danno ambientale (almeno per quanto riguarda i metanodotti». Ma non solo. La Corte ravvisa anche il pericolo di un «trattamento discriminatorio che verrebbe a configuarsi nei confronti delle reti elettriche, soggette all'imposizione, rispetto alle reti telefoniche, che ne sarebbero invece escluse, pur potendo anch'esse costituire fonte di inquinamento elettromagnetico». La Corte dei Conti ricorda che «andrebbe tenuto conto delle ricadute negative che potranno derivare in termini di minori utili per i soggetti incisi, e quindi di una possibile decurtazione dei dividendi di spettanza del bilancio dello Stato».