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Tutti bocciano le quote rosa

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E il governo è andato sotto proprio sull'emendamento riguardante la rappresentanza femminile in Parlamento. Gli emendamenti sui quali l'Aula doveva dare il voto erano tre. Due del centrosinistra e uno della Cdl. Il primo, che aveva come prima firma quella di Graziella Mascia (Prc), prevedeva che metà dei candidati fossero uomini e metà donne. Il secondo, a prima firma di Sesa Amici (Ds), riservava alla rappresentanza femminile una quota del 30%. Questi due sono stati respinti, il primo con voto palese e il secondo con voto segreto. Il terzo, quello che portava invece la firma della commissione Affari Costituzionali, sostenuto dalla maggioranza e dal ministro Prestigiacomo è stato invece il frutto di un compromesso. Proponeva sì una donna ogni tre parlamentari, ma prevedeva anche un'ammenda da pagare nel caso il partito in questione avesse deciso di non candidare donne. Nel testo si prevedeva, inoltre, che a partire dal 2011 le liste, questa volta «pena l'inammissibilità» prevedessero l'alternanza di uno a tre. Ma è stato bocciato con 450 voti contro 140. Il leader dei Ds Piero Fassino ha criticato l'emendamento della maggioranza sostenendo che la rappresentanza femminile necessita di una maggiore tutela visto che il 54% della popolazione italiana è donna. Il segretario del Pdci Oliviero Diliberto ha concordato, non senza sottolineare che nel suo partito ci sono tanti uomini quante sono le donne. Intanto tra i banchi della Cdl serpeggiava il nervosismo. Numerosi i capannelli, soprattutto nelle fila dell'Udc e di Forza Italia. Mentre da parte dell'Unione Clemente Mastella ha capitanato una lobby maschile che ha raccolto firme per ripristinare il voto segreto e così «bocciare» senza problemi gli emendamenti al femminile. Daniela Santanchè (An) e Carolina Lussana (Lega) hanno attaccato Fassino, affermando di non voler cadere «nella trappola tesa dalla sinistra». Hanno quindi affermato di condividere l'emendamento della Cdl e hanno invitato i colleghi della Cdl a fare altrettanto. Erminia Mazzoni (Udc) ha espresso invece perplessità proprio sull'istituto delle «quote rosa» e ha invitato il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini a rendere noti i nomi di chi aveva chiesto il voto segreto. Casini ha accolto l'invito e ha letto la lista dei 36 deputati provenienti per lo più dalle fila dell'Udeur, Udc e An. Dopo la lettura dell'elenco e la replica delle deputate dell'Unione Pollastrini (Ds) e Deiana (Prc) alle colleghe della maggioranza si è passati al voto. Segreto. Il governo è andato sotto e l'emendamento è stato bocciato. In Aula è scoppiata immediata la bagarre. Tutti i parlamentari dell'Unione si sono alzati in piedi e hanno gridato verso i banchi della Cdl. Alcuni di loro hanno ritirato fuori i cartelli bianchi, verdi e rossi con i quali avevano protestato nel pomeriggio. Laura Pennacchi (Ds) con due pugni in aria ha agitato le braccia strillando. Analogo l'atteggiamento di Giovanna Melandri e di Rosy Bindi. L'ex ministro della sanità, con i pollici alzati in segno di vittoria ha sorriso felice. A quel punto Casini ha dato la parola a Teodoro Buontempo che doveva illustrare l'emendamento successivo, ma la confusione ha preso il sopravvento. Impossibile ascoltare. Le grida sovrastavano tutto. Il presidente della Camera così è stato costretto a sospendere la seduta.

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