Strigliata di Ciampi ai politici: ora basta litigare
Così, in visita ad Aosta, lancia un nuovo accorato appello ai politici perché abbiano «il coraggio di andare d'accordo, di superare le divisioni, di guardare agli interessi superiori del Paese». Ciampi richiama tutti gli inviti delle scorse settimane: non sprecare le ultime sedute della legislatura, ma affrontare le vere emergenze che riguardano soprattutto l'economia; non cambiare la Costituzione con modifiche che ne stravolgono la natura pattizia e di atto fondante della Repubblica. Sottolinea ancora una volta che se non si torna a ispirare fiducia ai cittadini e alle imprese non può esserci ripresa economica. E aggiunge: «Abbiamo bisogno di unità: sociale, nell'esercizio dei diritti e dei doveri, di ordinamento, delle Istituzioni della Repubblica, della nazione. Senza unità la nostra società non riesce a ricuperare la fiducia». Certo non piace al Presidente lo scontro frontale che divide gli schieramenti politici, anche al loro interno, sulla legge elettorale, sulla devolution, sulle riforme in materia di giustizia. Sembra si possa cogliere nelle sue parole una speciale preoccupazione, in particolare per la devolution: il Presidente ritiene che il decentramento già realizzato è andato molto avanti e ha prodotto tanti buoni frutti, e oggi si deve evitare il rischio di compromettere il giusto equilibrio fra unità nazionale e poteri decentrati. Non si deve dimenticare, dice, che l'unità nazionale dell'Italia «è stata la più importante conquista della nostra storia, uno degli eventi centrali per l'Europa del Secolo XIX», e non un orpello del passato ma «linfa vitale». I costituenti del Dopoguerra, in questo senso, furono davvero «lungimiranti» nel trovare un giusto equilibrio. Oggi non bisogna essere da meno, «non si deve smarrire il filo rosso della solidarietà che ha percorso la storia d'Italia degli ultimi due secoli e ha radici ancor più lontane». Fra le ragioni che richiedono una nazione unita, Ciampi cita la sfida dell'economia globale: «Per far fronte a una competizione sempre più intensa, servono aggregazioni più grandi, soggetti con dimensioni sufficienti a operare nel mondo». Insomma, privare di poteri e competenze lo Stato centrale rischia di essere controproducente. La situazione economica del Paese, dice Ciampi citando i recenti dati Istat, resta difficile ma ci sono anche «segnali di risveglio». «Il problema maggiore resta la domanda interna stagnate, sia per i consumi che per gli investimenti», come conseguenza dell'incertezza per il futuro avvertita dalle famiglie e dalle imprese. Alle une e alle altre «dobbiamo pensare cercando di infondere fiducia»: alle imprese perché tornino a fare investimenti; alle famiglie perché «tornino ad acquistare prodotti, certo stando attenti ai prezzi e alla qualità, come giustamente chiedono le organizzazioni dei consumatori, ma anche con la consapevolezza che quando compriamo un prodotto italiano diamo impulso all'attività delle nostre imprese». Ciampi invita di fatto le famiglie a consumare italiano. Il Capo dello Stato si schiera dalla parte del made in Italy, come unica risorsa per rilanciare l'economia del Paese. Consumare italiano vuol dire dare ossigeno alle imprese e far riprendere l'economia. «Ce la possiamo fare», conclude Ciampi, ma dobbiamo smetterla di perderci in dispute inutili, dobbiamo essere un Paese unito.