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Prodi vuol fare il leader di Rifondazione

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Il Professore continua a spostarsi a sinistra. Per vincere le primarie con il massimo scarto su Bertinotti

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Perché tra due settimane ci sono le primarie e Prodi ha capito che, se vuole restare il leader, non può assolutamente permettersi di arrivare appena sopra il 50 per cento di preferenze, lasciando che Bertinotti si piazzi magari attorno a una percentuale che superi abbondantemente il 20 per cento. Così ieri, in un convegno a Palermo, il leader dell'Unione è tornato a insistere sui temi che sono tra i più cari al segretario di Rifondazione Comunista: le legge Biagi e la Bossi-Fini sull'immigrazione. Sulla prima Prodi ha detto chiaro e tondo che l'Unione la «modificherà radicalmente». Aggiungendo che non verrà abolita del tutto «ma la cambieremo nella parte che riguarda la precarietà, perché i giovani sono il vero problema che dobbiamo affrontare». Per quanto riguarda la seconda Prodi ne ha parlato attaccando ancora una volta il governo: «L'immigrazione clandestina aumenta, anche se l'eco sui media diminuisce. Di tutte le promesse previste nell'accordo tra Italia e Libia non si è verificato nulla, lo dimostrano i continui sbarchi in Sicilia. La legge Bossi-Fini va totalmente ribaltata. Perché l'immigrazione sia un fenomeno serio deve concludersi nella cittadinanza e nella convivenza, con la garanzia di diritti e doveri. Oggi nessun immigrato diventa cittadino italiano». Concetti sui quali Prodi da qualche tempo sta tornando con sempre maggiore frequenza e che fanno capire come ormai più che a contrastare Berlusconi, in questa fase, il Professore sia impegnato a contrastare Bertinotti. Scendendo anche sul suo terreno, quello delle manifestazioni di piazza, pur di rubargli consensi. Così Prodi ne ha immediatamente organizzata una la prossima settimana (sarà spostata probabilmente da sabato a domenica per non svolgersi lo stesso giorno dello sciopero delle televisioni) contro la legge elettorale e contro la Finanziaria. Ma di questo spostarsi a sinistra ne è stato un esempio illuminante anche la famosa lettera inviata due settimane fa a Franco Grillini sui Pacs e che ha provocato un terremoto nel mondo cattolico. Tanto che Rutelli, sempre attento a non far pendere troppo l'ago della bilancia dell'Unione dalla parte della sinistra, si è sentito in dovere di rispondere con la proposta alternativa dei Ccs, una sorta di Patti di solidarietà regolati però solo dal codice civile. Per il momento però Prodi non ha alcun interesse ad alimentare tensioni con il leader della Margherita, il suo obiettivo è spostarsi quanto più possibile a sinistra per risucchiare voti a Bertinotti e affermarsi con uno scarto che sia il più ampio possibile sul suo avversario. Poi ci sarà tempo e spazio per riposizionarsi al centro della coalizione. Soprattutto perché, per il momento, non c'è ancora un programma comune nel centrosinistra. Ogni candidato porta avanti i suoi obiettivi, metterli insieme, come tanti pezzi di un puzzle, spetterà poi a chi vincerà le primarie. Ma proprio questo suo «bertinottizzarsi» non piace troppo al resto dell'Unione. Tanto che ieri un editoriale sul Riformista aveva un titolo abbastanza eloquente: «Ma se voto Prodi, voto anche Bertinotti? I sette "voglio" di Rifondazione che nessuno contesta». Nell'articolo sono elencate le proposte che sono nel programma di Rifondazione, dal ritorno alla scala mobile all'abbandono della politica delle grandi opere, da una tassazione per le transazioni finanziarie internazionali (tobin tax) alla tassa su tutte le ricchezze finanziarie e patrimoniali. E il pezzo si chiude con una serie di domande: «Non è strano che questo programma non venga contestato e contrastato apertamente dal principale competitor Romano Prodi? Noi vorremmo sapere se, una volta battuto Bertinotti alle primarie con qualsiasi percentuale, i sette punti che abbiamo elencati sono automaticamente cassati dal programma dell'Unione o se vi saranno rappresentati in misura proporzionale ai voti che prenderà Bertinotti; vorremmo sapere se il ritorno della scala mobile o il ritiro dall'Afghanistan e dai Balcani sono considerati dal leader dell'Unione due bestemmie o un

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