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Berlusconi-Casini, una coppia al comando

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Accordo anche sulla legge elettorale, sarà discussa a metà ottobre ma dopo la ex Cirielli. Come voleva il Cav

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La conferenza dei capigruppo di Montecitorio ha infatti deciso il calendario dei lavori. La prossima settimana, subito dopo i decreti in scadenza, l'Aula della Camera esaminerà la proposta di legge ex Cirielli. Poi, dall'11 al 13 ottobre discuterà di legge elettorale. E infine, il 20 ottobre comincerà a discutere di devolution. Un calendario che sancisce in maniera difinitiva la vittoria del rinato asse Berlusconi-Casini e spinge ancora più nell'angolo, se mai ce ne fosse bisogno, il segretario Udc Follini con Lega e An (Fini aveva chiesto di approvare prima la devolution) che prendono atto della decisione. Non è un caso, infatti, che il voto sulla riforma della legge elettorale preceda quello sulla devolution. Era stato proprio l'Udc a chiederlo anche se, ultimamente, Follini aveva fatto qualche passo indietro. Al segretario centrista, infatti, questa legge non piace e sarebbe arrivato allo scontro se, all'ultimo minuto, non fosse intervenuto il presidente della Camera. Così, Casini, in un sol colpo ha ricucito con Berlusconi e ha ribadito che a via Due Macelli chi comanda è lui. Una buona notizia per il premier che può nuovamente contare su un alleato fedele. Anche se sono in molti a guardare con sospetto alle prossime scadenze di ottobre. Non fosse altro perché gran parte dei voti saranno segreti e quindi sono in molti a pensare che, alla fine, la riforma verrà "impallinata" in Aula magari con la segreta complicità di qualche centrista. «Se l'Unione spera che nell'Udc ci saranno dei franchi tiratori - dice il presidente dei senatori centristi Francesco D'Onofrio - si sbaglia. Ancora una volta l'Udc li deluderà». La parola passa ora al segreto dell'urna. Per il momento tutti, Berlusconi in testa («L'accordo politico c'è, è chiuso e quindi si va al voto») si dicono fiduciosi sul fatto che, entro la fine di ottobre, sia la riforma elettorale che quella costituzionale verranno approvate. Tutto ciò a prescindere da quello che farà l'Unione che, anche ieri, ha continuato la sua battaglia contro una riforma che ritiene illiberale. Ieri, infatti, nell'Aula di Montecitorio si è svolto il dibattito generale sulla legge. Dibattito che ha consentito alla maggioranza di chiedere tempi di discussione e voto contingentati. Questo dovrebbe mettere un limite all'ostruzionismo dell'Unione che non ha nessuna intenzione di allentare la morsa. Al termine di una riunione tra Romano Prodi e i capigruppo e i segretari dei partiti dell'Unione, il Professore ha infatti fatto sapere che «l'opposizione si opporrà con ogni mezzo alla riforma della legge elettorale che vuole cambiare le regole del gioco a partita iniziata». Precisando che la Cdl vuole modificare la legge per «l'evidente paura di perdere le elezioni». Il vertice dell'Unione ha poi fatto sapere che organizzerà una manifestazione contro la riforma della legge elettorale e che proseguirà l'ostruzionismo parlamentare. Ma Prodi, parlando del ruolo giocato da Pier Ferdinando Casini si è anche detto «molto preoccupato del ruolo degli arbitri che, invece di esercitare la loro funzione, parteggiano per uno dei giocatori». Parole che hanno mandato su tutte le furie la Casa delle Libertà ma non il diretto interessato che si è limitato a commentare: «Ho abbastanza esperienza politica per distinguere le opinioni, che rispetto sempre, dalle intimidazioni che mi lasciano indifferente». Intanto, nel merito del testo della riforma, continua a far discutere la scelta di optare per liste bloccate escludendo le preferenze. Un punto fortemente voluto dal Presidente del Consiglio e dal suo partito, ma che non entusiasma affatto l'Udc che, nel merito ha già presentato un emendamento. Emendamento che però, non rischia di guastare il clima di rinnovata unità che si respira all'interno della Cdl. «Abbiamo presentato un emendamento - spiegano a via Due Macelli - che è, secondo noi, un miglioramento ulteriore di un testo che condividiamo. Vedremo se otterrà l'approvazione del Parlamento». Insomma la Casa delle Libertà veleggia a t

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