«Io candidato? Solo se Casini dice di sì»
Fini prepara la sua leadership per la Cdl. Delega a La Russa per studiare le primarie stile Usa
Otto ore a organizzare manifestazioni (tre in ogni regione) e a pianificare la campagna elettorale. E in quelle otto ore s'è dovuto pure sorbire la relazione di Alemanno sulla Finanziaria: trenta pagine con power point. Le slides e i lucidi sullo schermo (tanto che qualcuno ha commentato: «Oramai quando Gianni parla è come quelli delle società di consulenza aziendale»). Otto ore, insomma, per Gianfranco Fini che si è rituffato nel suo partito nel corso di una domenica trascorsa in un albergo romano dove si presenta con tanto di maglioncino a righe blu e rosse. Otto ore e un solo pensiero per Gianfranco Fini. Anzi, una domanda: e se faccio io il candidato premier? Certo, il leader di An ha mascherato le sue intenzioni e le sue mosse. Ma chi è riuscito a decifrare gli impercettibili movimento dei muscoletti della faccia, ha letto una certa soddisfazione. Soddisfazione anzitutto per come era andata la giornata precendente, quella di Reggio Calabria, con la sostanziale investitura di Silvio Berlusconi nei confronti di Fini quale suo erede. Ma mentre il Cavaliere utilizza Fini per sedare Casini e Follini, il vicepremier pensa all'esatto contrario: «Posso fare il candidato premier quando Silvio deciderà di passare la mano. Ma solo con l'accordo di Pier. Noi dobbiamo mediare ra l'Udc e Forza Italia», ha detto il capo della destra ai fedelissimi, quei pochi che hanno accesso alle sue confessioni e ai suoi sfoghi. Visto che nell'esecutivo del partito cominciato ieri mattina (e finito a sera) si è limitato a ripetere sostanzialmente le parole pronuciate in Calabria il giorno prima. Fini, dunque, si prepara a fare un passo avanti. È molto in alto nei sondaggi di popolarità e di credibilità, a pochi decimali da Berlusconi. Piace (molto anche dentro Forza Italia), è tranquillo, è rassicurante. Ha superato anche l'esame internazionale. Ha venti anni di meno di Prodi e la sua candidatura spiazzerebbe il centrosinistra e il suo unico vero collante: l'antiberlusconismo. Insomma, Fini ci crede. «Ma i tempi sono stretti», ha ripetuto ai suoi. Non oltre due mesi per preparare la grande sfida. Il suo sogno sta comincia ad avere qualche contorno di realtà. Poggia sul fatto che anche Follini qualche tempo fa aveva espresso la sua «non contrarietà». Ma occorre l'intesa di Casini, per questo Fini frena i propositi belliscosi del premier. E la Lega? «Tutti hanno visto l'abbraccio di Berlusconi a Gianfranco, a Reggio Calabria c'era anche Calderoli», spiega un fedelissimo del vicepremier. Anche Bossi dovrebbe accodarsi. Se Berlusconi vuole. Certo, la strada è molto più in salita di quello che sembra, molto più ripida di quel che appare e tanti ostacoli ancora non si riescono a scorgere. Ma Fini ci crede lo stesso. E le primarie? Il leader di An pensa che alla fine non si faranno. Troppe difficoltà per organizzarle, poche settimane per mettere su tutta la baracca: la sinistra ci lavora a tempo pieno da sei mesi. E poi il capo della destra ci tiene tanto a non dare la sensazione di voler a tutti i costi sciommiottare Prodi & C. D'altro canto da mesi quelli della Cdl ridicolizzano le primarie dell'Unione, adesso avrebbero qualche difficoltà a dire che sono «democratiche» e «aperte alla base». Tanto non ci crede che ieri non ha neanche dato mandato ai suoi proconsoli la massima mobilitazione. Ha invece delegato Ignazio La Russa a studiare una soluzione alternativa, copiando l'esperienza americana. Negli States, infatti, gli elettori vengono prima chiamati ad eleggere i delegati. Saranno poi questi a scegliere lo sfidante in una grande convention. Non si traterebbe di una primaria diretta: gli elettori che scelgono il candidato premier. Ma una ipotesi intermedia che eviterebbe «scherzetti». A Fini piace. Si vedrà.