Il Cav incassa Tremonti, cede il resto
È questa la conclusione di una giornata che si è aperta con l'ufficializzazione delle dimissioni di Domenico Siniscalco dall'esecutivo e si è chiusa con un vertice di maggioranza che ha sancito la svolta anzi, tre svolte. Tre svolte che solo fino a pochi giorni fa sembravano impensabili e che invece, dopo appena un'ora di discussione, sono state sottoscritte da tutte le forze della maggioranza. Per la verità la cosa era, almeno in parte, nell'aria. Lo stesso Silvio Berlusconi, nonostante la convinzione che quello di Siniscalco fosse un «colpo basso», già ieri mattina intravedeva la possibilità di risolvere in tempi strettissimi la crisi apertasi nella Cdl. L'incontro con il Capo dello Stato al Quirinale - in tarda mattinata - lo rincuora ulteriormente tanto che il premier arriva a Palazzo Chigi, dopo un'ora di colloquio con Carlo Azeglio Ciampi, sorridendo e salutando i cronisti. Poco dopo, è lui stesso a dare l'annuncio: il nome del successore di Siniscalco sarà trovato in un vertice della Cdl convocato per le 17. Dopo un incontro a Montecitorio con il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini e il vicepremier Gianfranco Fini, Berlusconi torna a Palazzo Grazioli per incontrare i vertici di Forza Italia. A via del Plebiscito emerge con chiarezza che il candidato di Fi è Giulio Tremonti. Ha inizio il vertice della Cdl. Dopo appena un'ora la riunione è già terminata. Tremonti lascia Palazzo Chigi per recarsi al Quirinale: l'intesa sul nome del vicepremier è stata raggiunta. Cinque minuti più tardi, in una conferenza stampa congiunta - a cui partecipano Berlusconi, Fini, Calderoli e Follini - è lo stesso capo del governo ad annunciare che i leader della maggioranza hanno «condiviso all'unanimità» la sua proposta di sostituire Siniscalco con il vicepremier. Berlusconi annuncia anche che di lì a poco si recherà personalmente sul Colle per il «decreto di nomina» del Capo dello Stato. Ma le sorprese iniziano proprio a questo punto. Berlusconi, così come richiesto da An e Udc, sfiducia pubblicamente Antonio Fazio. «L'attuale governatore della Banca d'Italia è incompatibile con la credibilità internazionale del Paese» e per questo la sua permanenza «non è opportuna». Berlusconi torna a parlare di Bankitalia intervenendo telefonicamente a Porta a Porta. «Non ho mai avuto dubbi sulla correttezza dell'operato di Fazio ma è emersa la convinzione che la sua permanenza non sia opportuna, perchè la situazione che si era maturata invece che sparire si è accentuata: i giornali esteri hanno battuto sul tema e gli ambienti economici esteri hanno espresso dubbi sulla credibilità del nostro Paese. Noi oggi - aggiunge - ci rivolgiamo alla sensibilità del governatore, sulla cui correttezza non abbiamo avuto mai dubbi, consapevoli che non abbiamo nessuno strumento per farlo dimettere. Auspico che il governatore possa prendere una decisione nel senso delle dimissioni, ma non si può pretendere autonomia e indipendenza, come è per la Banca d'Italia, e poi criticare il governo» quando Fazio non si dimette. Il presidente del Consiglio risponde così quando il segretario del Prc Fausto Bertinotti, ospite in studio di Vespa, accusa il governo di incapacità nell'esercitare una «moral suasion» affinché, dopo le vicende legate a Banca Antonveneta, il numero uno di Via Nazionale lasci il suo incarico. Le decisioni di Berlusconi e la nomina di Tremonti non chiudono nemmeno le polemiche nella maggioranza. Lo provano le parole di Roberto Calderoli. «Riguardo a Fazio il premier ha espresso sue valutazioni personali che non ci trovano d'accordo», attacca il ministro della Lega, ricordando che in proposito il governo «si è già espresso». Anche sulla premiership la Lega marca le distanze dall'Udc. Dopo aver liquidato le primarie come una «bufala» e ricordato che per la Lega il candidato «è e resta» Berlusconi, Calderoli avverte