Legge elettorale, Casini pensa al rinvio

La delicata questione della riforma della legge elettorale in senso proporzionale sta diventando una mina a orologeria per la casa delle Libertà. E l'intreccio tra questa e la devolution rischia di stringere la coalizione di centrodestra in un vicolo cieco. Così ieri, non è ben chiaro se per prendere tempo o per evitare di far salire ancora di più la tensione già alta, il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini ha fatto slittare la riunione dei capigruppo della camere che avrebbe dovuto decidere sui lavori parlamentari della legge elettorale. Casini deve aver intuito che la febbre tra i partiti era troppo alta e che l'incontro si sarebbe trasformato in una verifica sulla legge. Ed è ciò che non vuole. Anche il vicepremier Gianfranco Fini ha capito che la riforma potrebbe trasformarsi in una buccia di banana per la Cdl, molto pericolosa per la campagna elettorale. Così ha anticipato il rientro a Roma e si è letteralmente chiuso a Palazzo Chigi già a metà pomeriggio in attesa che il quadro si chiarisca. Che il clima era caldo lo si era intuito sin dalla mattina quando nell'incontro tra i tecnici della riforma, l'esperto dell'Udc, Stefano Graziano, e quello di An, Vincenzo Nespoli, hanno litigato in modo plateale con tanto di scivolate vernacolari. I due deputati (uno di Aversa nel Casernato; l'altro di Afragola nel Napoletano), si sono lasciati andare a un serrato botta e risposta in dialetto tagliando fuori gli altri partecipanti alla riunione. In sostanza Nespoli ha accusato l'Udc di aver tradito l'intesa sullo sbarramento al 4% mentre Graziano ha replicato che il suo partito aveva già anticipato la presentazione di emendamenti con un documento scritto. Ma proprio mentre c'è aria di rottura nel centrodestra, si tratta con l'opposizione. Una ipotesi di una correzione della percentuale di sbarramento dal 4% al 3% in modo da ottenere l'appoggio anche dell'Udeur di Mastella. L'altra (e che avrebbe l'avallo anche di Fini) è di fissare la soglia al 2% se si tratta di un partito che fa parte di una coalizione (che comunque deve superare il 10%); lo sbarramento sale al 4% se non si tratta di un partito coalizzato. Trattative che non hanno portato a buon fine. Così quando Casini che aveva convocato la riunione dei capigruppo per decidere sui lavori parlamentari della legge di riforma, al termine dei lavori in aula a Montecitorio, ha deciso di farla slittare alla sera, la tensione che covava è esplosa. La Russa, capogruppo di Alleanza Nazionale, è andato su tutte le furie e ha sbottato: è una grande scorrettezza da parte del presidente della Camera» ha detto lasciando la sala della riunione. Casini è corso ai ripari scusandosi con il parlamentare di An e dicendo che l'incontro era soltanto aggiornato al termine della votazione in aula. Ma secondo i più vicini al presidente della Camera, Casini starebbe meditando di indurre i partiti a ritirare la riforma elettorale per evitare una bocciatura che sarebbe deleteria per la coalizione. Intanto Ugo Intini, capogruppo dello Sdi ha commentato: «La Cdl è sull'orlo di una crisi di nervi e di governo. Volevano accontentare l'Udc con la riforma elettorale e la Lega con la devolution. Ma i due provvedimenti vanno di pari passo. Se cade uno cade l'altro. E se cadono insieme, cade il governo». Molto polemico anche il capogruppo dei Ds Luciano Violante che ha attaccato il coordinatore di Forza Italia Sandro Bondi. Riferendosi alla giornata tormentata che ha vissuto la Cdl, con scambi di accuse reciproche, Violante ironico ha detto: «Insulti, irrisioni, minacce, recriminazioni. Sandro Bondi può ben essere soddisfatto: se questa è una maggioranza politica e di governo». Ma di legge elettorale si parlerà alla riunione della direzione dell'Udc anticipata a oggi e dalla quale si attende una risposta di Follini alle dichiarazioni di Berlusconi.