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PORTO SANTO STEFANO - Romano Prodi e Francesco Rutelli si scambiano baci, abbracci, ...

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Sono uniti sempre e comunque nel loro antiberlusconismo, ma divisi nel profondo. E Rutelli, più sincero, lo ribadisce chiaramente, enumerando i tre punti fondamentali per cui non ha aderito alla lista unitaria per l'Ulivo. Due ore e mezzo di slogan e di invettiva antigovernativa e poche proposte programmatiche concrete. «Abbiamo scelto Prodi perché era il miglior candidato disponibile», afferma nella conclusione il presidente della Margherita e non quindi per il programma «forte» che proponeva o per gli argomenti convincenti che erano o sono alla base della sua filosofia politica. L'unico vero punto d'incontro tra i due resta combattere tutto quello che il berlusconismo ha prodotto e portare a termine tutto quello che questo governo non ha fatto. «Già, siamo tutti dei belli guaglioni», commenta sorridendo a denti stretti alla fine Arturo Parisi, braccio destro del Professore seduto in prima fila con i big del partito, la testimonial Gigliola Cinquetti, Biagio Agnes e Raffaella Carrà. Parisi non sembra contento per nulla del lunghissimo discorso di Rutelli, in cui il leader dei dielle ha sottolineato ancora i motivi del dissenso con il loro gruppo. «A un anno da quando Prodi mi ha chiamato bello guaglione, posso dire che, beh, pure lui, dimagrito, abbronzato e in forma è proprio un "bel cittino"», scherza Rutelli a conclusione del suo discorso che chiude la festa della Margherita a Porto santo Stefano. E proprio per apparire un leader del centrosinistra giovane, il Professore arriva quasi correndo sul palco allestito nella piazza del Comune di Santo Stefano, ma poi, di fronte ad un Rutelli che lo attende in jeans e camicia sportiva, si toglie in fretta la giacca blu, si sbottona i polsini e mostra orgogliosamente al pubblico due braccialetti di plastica (uno bianco e uno blu) in stile teen ager. «Caro Francesco, grazie di avermi invitato a chiudere questa festa», comincia Prodi parlando come un vecchio compagno di giochi, che dopo un periodo di lite con quelli che un tempo erano suoi amici, torna nel gruppo, ma non si sente più vicino a loro come un tempo. «Sono tornato nella casa che abbiamo costruito insieme. Certo è passato molto tempo da allora», sottolinea, ma poi si riprende e aggiunge: «L'Unione è sempre più salda ed elezione dopo elezione gli italiani si fidano sempre più di noi». Poi parte con il consueto comizio antiberlusconi. Al progetto dell'Unione fa un cenno, affermando che è racchiuso in quei 15 punti scritti nel suo libretto giallo «e questo è il segno del nostro lavoro». Alla fine applausi tiepidi per Prodi, che nulla hanno a che vedere con l'ovazione tributata al leader della Quercia Fassino l'altra sera. E Rutelli che non ringrazia neanche lo batte decisamente sui tempi, parlando per quasi due ore. In sintesi il presidente Dielle ribadisce la volontà di governare insieme «per 5 anni», sottolineando però l'autonomia del progetto politico della Margherita nei confronti dei Ds anche dello stesso Prodi. Attacca anche la Cdl naturalmente e un governo grazie al quale «l'Italia taglia l'erba sotto il proprio futuro». E sembra rompere definitivamente i contatti con l'Udc («il grande centro non esiste, basta flirtare con la parte avversaria. Noi stiamo da questa parte e basta»), anche se poi alla fine lancia un appello: «L'Udc faccia saltare la devolution: noi aspettiamo». Ma è quando Rutelli annuncia che vuole dire «tre cose rotonde», che Prodi, seduto dietro di lui, sembra scuotere la testa. «Abbiamo avuto ragione a non aderire alla lista unitaria per l'Ulivo, le tensioni sono dietro di noi, ma i fatti ci hanno dato ragione». E va giù duro su tre punti, nonostante gli abbracci: «La faccenda Unipol è la prova che abbiamo ragione a sostenere la cultura delle autonomia dalle filiere economiche e finanziarie. E devo confessare che ho trovato poco pluralismo da parte dei nostri alleati nell'affrontare il nodo del referendum, come profonde differenze restano sulle prospettive internazionali».

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