PRUDENZA, attesa, freddezza.

Oggi l'argomento sarà al centro di un incontro tra il coordinatore di Forza Italia Sandro Bondi e il segretario dell'Udc Marco Follini. Bondi cercherà di «stanare» gli alleati e di farsi dire quale sistema elettorale hanno esattamente in mente. Ma non è detto che ci riesca: Follini ha gia fatto sapere che a un certo punto dovrà lasciare la riunione per recarsi alla festa della Margherita all'Argentario. E Bondi dovrà continuare a discutere con altri dirigenti del partito. A chiedere con decisione che l'Udc metta nero su bianco la sua proposta è il leader di An Gianfranco Fini. «Spetta a loro l'onere di compiere questo passo» ha scandito al termine della riunione dell'Esecutivo. La preoccupazione di An (che interpreta l'anima più «bipolare» della coalizione) è che con le nuove regole venga messo in crisi il meccanismo che governa la politica italiana dal 1994 e che si ritorni a un centro con le mani libere. Lo si capisce quando Fini sottolinea che il confronto può essere avviato solo se vengono salvaguardati i principi del bipolarismo dell'alternanza e chiede di sconfessare la linea Tabacci, «secondo cui il proporzionale serve per archiviare il bipolarismo». Pronta la risposta dei centristi. Le proposte dell'Udc, fa notare Stefano Graziano, responsabile per gli Enti locali, sono in Parlamento fin dall'inizio della legislatura, dunque An dovrebbe già conoscerle bene. Ma l'Udc, assicura, non pone alcun ultimatum su un testo blindato: è tutta al coalizione che deve trovare «un punto comune sulla proporzionale possibile». Morale: l'onere della prova «sta a tutti gli alleati». Nell'Udc tutti dicono che un'iniezione di proporzionale nel sistema elettorale è perfettamente compatibile con il sistema bipolare. Il capogruppo al Senato D'Onofrio, ad esempio, giura che nessuno vuole « una restaurazione della vecchia legge elettorale». Sta di fatto che gli uomini di Follini hanno cominciato un pressing per legare l'approvazione della riforma elettorale al sì definitivo sulla devolution. La Lega scalpita e vuole vederci chiaro: il rischio che il federalismo venga stoppato a pochi passi dal traguardo per le resistenze dei centristi comincia a essere considerata un'eventualità non più troppo remota. Nettamente contro la proposta dell'Udc, la fondazione Magna Carta, il think tank che fa riferimento al presidente del Senato Marcello Pera, che definisce «un autogol» la posizione dei centristi e la boccia senza appello. Nel campo avverso l'Udc non ha trovato finora alcuna sponda. Nemmeno i piccoli partiti potenzialmente interessati a un aumento della quota proporzionale. Solo l'Udeur di Mastella ha lanciato qualche timido segnale di attenzione.