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Casini&Follini alzano la voce Ma solo un po'

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È questa, in sostanza, la posizione dell'Udc al termine del «pranzo» di Palo Laziale. I centristi mettono «nero su bianco» la loro prima richiesta, accontentano il premier e Forza Italia, e rinviano a data da destinarsi la possibile rottura. Niente male per una giornata che si era aperta sotto i peggiori auspici (in molti credevano nella possibilità concreta che l'Udc decidesse di far cadere il governo). I centristi hanno raggiunto la località laziale in mattinata e lì si sono trattenuti fino alle 16. All'uscita bocche cucite. L'unico a trattenersi per alcuni secondi con i giornalisti è il capogruppo al Senato Francesco D'Onofrio che si concede una battuta sibillina: «Il partito non è mai stato così unito». Poi la frase di circostanza: «Per tutti noi parlerà il segretario Follini». Qualcuno comincia ad immaginare scenari fantapolitici, ma è poco più che un fuoco di paglia. Quando Marco Follini, poco dopo le 18, si presenta nella sala stampa di Montecitorio dice quello che un po' tutti si aspettavano: l'Udc vuole una nuova legge elettorale proporzionale, con premio di maggioranza. Una riforma da fare prima della devolution perché ora, spiega Follini, servono «atti politici concreti». Insomma, i centristi abbandonano le battaglie più dure e ripiegano sull'unico terreno di confronto possibile: la legge elettorale. Certo, Follini ribadisce ancora una volta che, accogliere la richiesta del proporzionale non cancella le altre due questioni poste (partito dei moderati e premiership), ma certo, come spiega anche il ministro Buttiglione, «migliora il clima» e testimonia che «non siamo considerati alleati di serie B». Quella dell'Udc, quindi (almeno nell'immagine che i centristi vorrebbero dare), non è una marcia indietro, ma piuttosto un percorso da portare avanti per gradi successivi. «Vogliamo che il centrosinistra non vinca e che la Cdl cambi - ha detto il segretario ai cronisti - a partire dalla legge elettorale». In quest'ottica anche una possibile rottura sarebbe, come già spiegato da Casini a Telese, non una premessa, ma piuttosto una conseguenza. In questo clima di rinnovata armonia anche gli alleati accolgono positivamente la mano tesa da Marco Follini. Primo fra tutti il premier Silvio Berlusconi che, da Cernobbio, ha commentato immediatamente: «Da dopodomani siamo pronti a sederci ad un tavolo per esaminare seriamente questo tema». Appena un po' più problematico, il suo vice Gianfranco Fini che, pur acconsentendo al confronto su una nuova legge elettorale proporzionale, ha voluto precisare che «come accade ora, la coalizione di governo nasca nelle urne, per volontà degli elettori, e non in Parlamento per volontà dei partiti». E anche il Carroccio ha acceso il semaforo verde. Al termine del Consiglio Federale condotto da un Umberto Bossi «tonico, ironico e brillante» la Lega ha ribadito la propria scelta di Berlusconi leader e ha aperto ai centristi sul tema della riforma elettorale. «Di legge elettorale si può discutere in ogni momento - ha detto il ministro Roberto Calderoli -, ma per la Lega la devolution resta la priorità». E per una maggioranza che ritrova una parvenza di unità e torna finalmente a dialogare con toni meno duri. C'è un'opposizione che alza le barricate. Da Prodi a Violante, a Marini, Giordano è arrivato un «no» rotondo a cambiare le regole. «Non si cambia la legge elettorale alla vigilia delle elezioni - ha ammonito il leader dell'Unione - è la regola elementare e fondamentale di ogni democrazia». E il diessino Gavino Angius si è concesso una battuta: «Dai "combattenti" dell'Udc non ci aspettavamo di più...». Intanto, però, la Cdl sembra aver trovato il suo «uovo di Colombo» e tutti sono più o meno convinti che, alla fine, seduti attorno a un tavolo, la soluzione salterà fuori. A guardarle oggi, le settimane trascorse tra un Berlusconi arrabbiato, un Casini risentito e un Follini stizzito, sembrano già storia. Anche se, finisse così, l'Udc avrebbe ancora una volta fatto molto rumore per nulla.

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