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Berlusconi ci riprova e apre ai centristi

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Il presidente del Consiglio: «Ho in cuor mio la certezza che possano essere risolti tutti i problemi»

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«Casa delle Libertà» la soap opera più amata dagli italiani si è arricchita ieri di un'altra puntata. Protagonisti, come sempre più spesso accade, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e la sua spina nel fianco, l'Udc di Pier Ferdinando Casini e Marco Follini. Dopo mesi di tira e molla il premier ha preso la decisione più difficile: trattare. Alla fine, quindi, sembra aver vinto il partito dei mediatori, cioè di tutti coloro che, in questa estate caldissima, hanno cercato con certosina pazienza di ricucire lo strappo tra Berlusconi e via Due Macelli. Ma la trattativa si preannuncia tutt'altro che semplice. Anche perché, per ora, l'unico gesto concreto è il segnale distensivo lanciato dal presidente del Consiglio ieri mattina, prima della sua partenza per la Sardegna. Forse galvanizzato dall'intesa raggiunta dalla maggioranza su Bankitalia, il premier ha voluto fare un'apertura alle richieste dell'Udc. L'argomento era quasi obbligato. Escluso il discorso della leadership (il Cav non sembra troppo convinto di fare un passo indietro), esclusa la devolution (toccarla significherebbe pregiudicare seriamente il futuro della coalizione), l'unico campo concreto di discussione era quello della legge elettorale. Così Berlusconi ha apertamente dichiarato che in questo finale di legislatura c'è il tempo e la disponibilità per discutere anche di legge elettorale, per verificare senza pregiudizi se è possibile aumentare la quota proporzionale dei seggi. Il premier ha lasciato intendere che, di tutto questo, se ne potrà discutere, probabilmente, già nel prossimo vertice della CdL che dovrebbe tenersi la prossima settimana. L'apertura, dicono, sarebbe il primo esito concreto della telefonata di due giorni fa tra Berlusconi e il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini. Telefonata cordiale durante la quale, però, il primo inquilino di Montecitorio avrebbe sostanzialmente confermato tutte le istanze politiche sollevate dal suo partito. Conferma che, però, non sembra aver scoraggiato Berlusconi che anzi, ieri, ha ostentato ottimismo dicendosi sicuro che alla fine l'Udc non si presenterà da sola alle politiche. «La coalizione - ha detto il premier - ha vinto e ha governato con tutte le forze unite e compatte. In questi anni i nostri sforzi sono stati per tenere unita la squadra e quindi continuiamo in questa direzione, responsabilmente, interpretando anche i desideri dei nostri elettori». Toni concilianti, diversi da quelli usati nelle ultime settimane nei confronti degli «eretici» dell'Udc. E a chi gli ricordava il suo ultimatum del 15 agosto scorso («Il leader sono io chi non è d'accordo è libero di andare dove vuole») Berlusconi ha risposto tagliando corto: «Non voglio tornare su questa cosa. Sono convinto che il senso di responsabilità di tutti farà sì che la coalizione si presenti unita alle prossime elezioni. Francamente non immagino un panorama diverso». Panorama diverso che, forse, immagina il presidente della Camera Casini che, intervenendo alla festa dell'Udeur a Telese, non è retrocesso di un millimetro dalle posizioni iniziali. «Se non cambia - ha detto - la Cdl perde le elezioni». Così è toccato al coordinatore nazionale di Forza Italia Sandro Bondi ribadire la volontà a trattare di Berlusconi e dei suoi. «Ancora una volta - ha detto - con grande spirito di collaborazione e di lealtà chiediamo al partito di Casini e di Follini: diteci in che cosa consisterebbe la novità necessaria di cui parlate, diteci per favore una volta per tutte in che cosa consisterebbe la discontinuità e il grande, grande cambiamento che evocate un giorno sì e uno no. Ditecelo al più presto, altrimenti la vostra dichiarata volontà di contribuire a rinsaldare la nostra alleanza si trasformerà di fatto in un piccone che la distrugge». La palla, ora, è nelle mani dell'Udc.

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