LE TUTELA della riservatezza delle persone coinvolte nelle intercettazioni dall'autorità giudiziaria ...
Sono queste alcune delle osservazioni contenute nella relazione che il ministro Castelli ha presentato ieri al Consiglio dei Ministri. Osservazioni che per il momento rimarranno tali visto che servirà un'altra settimana di tempo per decidere che fine farà il provvedimento contro la divulgazione delle intercettazioni. Una settimana durante la quale si dovrà riflettere non solo sui contenuti, ma anche sulla forma: o un decreto legge, che sarebbe immediatamente operativo, o un disegno di legge, che dovrebbe essere approvato nei mesi che mancano alla fine della legislatura, dando spazio ad un confronto più ampio con l'opposizione. È stato lo stesso presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, a sottolineare che la forma del provvedimento non è stata ancora decisa, e che anche per questo, il nodo dovrebbe essere sciolto venerdì prossimo. Il punto più delicato resta quello della possibilità del carcere (fino a tre anni) per il giornalista che pubblichi il contenuto dell'intercettazione. Si tratta di un tema sul quale si registrano forti resistenze, anche nella Cdl. Lo stesso ministro Castelli, pur nel ribadire la necessità di un intervento, ha voluto porre la questione in termini più generali, sostenendo che quello che serve è stabilire sanzioni «efficaci» per evitare che i giornali decidano «a tavolino di fare campagne di stampa contro questo o quel personaggio». E l'obiettivo, ha ribadito Castelli con implicito ma chiaro riferimento al governatore Antonio Fazio, è far finire «la gogna mediatica, senza processo e senza colpevoli dal punto di vista giudiziario». Se quella che il ministro chiama «gogna mediatica» è condannata da tutti, ciò che divide è la punibilità del giornalista. Lo ha sottolineato, dentro la Cdl, il deputato di An, Enzo Fragalà, per il quale non si deve pensare a punire il giornalista; semmai, è necessario farlo, e in modo «esemplare», con il magistrato, o chiunque sia stato, a passare al giornalista gli atti giudiziari. Su questo tema, lo stesso Castelli ha comunque dato un'indicazione che sembra andare in questo senso, quando ha detto che, nel quadro di un inasprimento delle pene, si pensa di differenziarle «per il pubblico ufficiale, e chi pubblico ufficiale non è». L'intero corpo del provvedimento, per come si delinea, trova comunque forti resistenze nell'opposizione. Giuseppe Giulietti, dei Ds, e Paolo Cento, dei Verdi, hanno indicato esplicitamente il pericolo che il governo, dietro ad esigenze di rispetto dei cittadini, possa prendere decisioni che si rivelino «norme bavaglio per i giornalisti», come dice Cento. Per questo, ha aggiunto Giulietti, si tratta di idee che l'opposizione dovrebbe giudicare semplicemente «irricevibili», perché «sarebbe sbagliato solo prenderla in considerazione». Diverso sembra l'atteggiamento di Giuseppe Fanfani, responsabile giustizia della Margherita, che ha invitato il governo ad evitare il decreto legge, proprio perché si tratta di materie sulle quali è necessario un confronto in Parlamento.