«Candidarmi è un sacrificio. Ma devo farlo»
Ripresentarsi per la poltrona di premier — ha dichiarato da Soci — «è un enorme sacrificio», ma sarebbe «insensato» non farlo. Tanto più che fra gli alleati non si vede un candidato alternativo con «i requisiti necessari». Mentre a pensare a certe figure del centrosinistra, sedute accanto ai potenti del mondo, ci sarebbe addirittura da «sentirsi male». A passeggio nel parco della dacia estiva di Vladimir Putin, a picco sul Mar Nero, il presidente del Consiglio non si è sottratto all'assedio dei giornalisti, dopo il colloquio di lavoro e i rinnovati proclami di reciproca stima, amicizia e intesa politico-economica con il leader del Cremlino. E ha deciso di togliersi qualche sassolino dalla scarpa, portato evidentemente da Roma, prima di riprendere l'atmosfera della vacanza conviviale con le first ladies, Veronica e Liudmila. «Non penso a un cambio di governo», ha esordito rispondendo a chi gli chiedeva delle possibili conseguenze sulle relazioni internazionali da lui intessute nell'ipotesi di un cambio della guardia a Palazzo Chigi con le elezioni del 2006. Un governo del cui lavoro — dalla politica estera all'economia — si è detto orgoglioso, convinto di non doversi pentire di «nessuna decisione» sbagliata. Per cominciare «sarebbe insensato — ha sostenuto — buttare a mare un patrimonio di esperienza, conoscenza e amicizia: se penso a qualcuno dell'altra parte seduto al tavolo nei miei panni con Putin, Bush o Blair, francamente mi sento male». «Ne parlo in maniera spassionata, sinceramente, perché se c'è qualcuno che fa un grosso sacrificio a ripresentarsi come candidato, quello sono io: tutto in me, dal punto di vista personale e privato, mi spingerebbe a dire: "Si accomodi un altro"». Se questo non accadrà e se Berlusconi si sottoporrà a quello che ha rimarcato come «un enorme, enorme, enorme sacrificio» non è per attaccamento alla «sedia». Bensì per la convinzione che non ci siano alternative credibili a lui: né nel centrosinistra, né all'interno della Casa delle Libertà. Il messaggio agli alleati è stato riproposto in termini chiari. «Magari — ha scandito il premier — ci fosse qualcuno con i due requisiti» necessari: quello di tenere insieme la coalizione e quello di raccogliere consensi vasti tra gli elettori moderati. La questione non è solo quella di «essere accettato da tutti», ma anche di «riuscire poi a tenerli insieme». Una capacità che Berlusconi non esita a riconoscersi: «Voi — ha sorriso ai cronisti - non scrivete del lavoro quotidiano che si deve fare per portare tutti sulle stesse decisioni, non scrivete mai del Berlusconi mediatore, paziente, che adotta una strategia che non è la sua, poiché io ero abituato a pensare, a tenere gli occhi aperti di notte e a decidere». Quasi come «Wellington, che al consiglio dei ministri diceva: "Ho dato gli ordini, cominciate a discutere"». Quanto al secondo requisito, il presidente del Consiglio si è mostrato scettico sulla possibilità di trovare tra i suoi ipotetici successori qualcuno che possa essere considerato «dagli elettori di centrodestra, per il complesso della sua storia e della sua capacità di agire e di fare, come un candidato paragonabile a quello che ha retto il governo per cinque anni». Berlusconi ha poi affrontato a passo di carica anche un bilancio della sua azione di governo. «Noi elencheremo ciò che non abbiamo mai fatto: non abbiamo mai messo le mani nelle tasche degli italiani, non abbiamo mai rubato, non abbiamo mai fatto una telefonata per controllare (avendone i mezzi, con i servizi) un uomo dell'opposizione, non abbiamo mai mandato la Guardia di Finanza, non abbiamo mai usato la magistratura contro un avversario politico, non abbiamo mai fatto una trasmissione della televisione pubblica, e tanto meno di quelle private, contro un avversario politico». «Abbiamo tenuto banco — ha proseguito — in uno dei momenti più difficili degli ultimi 20 anni, per tutto ciò