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«Le elezioni non si vincono con gli spot»

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Casini sprona la Cdl: «Serve un'alleanza politica che vada oltre il carisma del premier»

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Lo ha detto il presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini, intervistato ieri a Cortina da Enrico Cisnetto. «Se il centrodestra saprà dare una risposta, sarà protagonista dei prossimi dieci anni, altrimenti ognuno è artefice del proprio destino». Un elemento di novità che deve attraversare, secondo Casini, il passaggio da «un'alleanza carismatica a un'alleanza politica». «Perché ho parlato di partito dei moderati? Perché ritengo — ha detto il presidente della Camera — ci sia bisogno di una discontinuità, ma dato che dire questo è peccato mortale, cambio termine: oggi c'è bisogno di una novità che sia in grado di raccogliere il testimone da tanti elettori delusi». «Noi davvero pensiamo che il tema della prossima campagna elettorale sia dire quanto siamo stati bravi e fare qualche spot in più per vincere le elezioni? — ha proseguito? Io penso che sia difficile vincerle così. Credo che il paese abbia bisogno di verità e responsabilità, bisogna dire al paese che noi abbiamo fatto quel che abbiamo potuto in condizioni difficili, in cinque anni terribili come non si sono mai visti in 50 anni, però oggi cerchiamo di dare una prospettiva a quegli elettori delusi». Sfiora il dibattuto tema della leadership, Casini, quando dice: «L'obiettivo di Berlusconi dovrebbe essere quello di radicare e di consolidare in Italia un grande schieramento di centrodestra che vada oltre l'elemento carismatico. Spero che Berlusconi debba e voglia prendere atto che questo è il problema, cioè quello di creare un centrodestra che proprio perché radicato nei valori e nelle aspettative di metà del paese vada oltre la figura di Berlusconi, di Casini o di Fini». E a chi gli chiedeva del problema delal leadership ha risposto «Questo è l'ultimo dei problemi». «Non si parte dalla fine — ha aggiunto — si parte dall'inizio. C'è un partito di maggioranza relativa che è Forza Italia e Berlusconi ne è il leader, quindi anche il leader dello schieramento, non per concessione nostra ma per scelta degli elettori». Casini ha detto peraltro di non aver mai creduto che Berlusconi «abbia vinto in politica perché era ricco, ma perché ha interpretato i bisogni della società italiana e gli ha dato una rappresentanza politica». Casini ha anche voluto precisare, in chiusura di intervista, di non puntare al ritorno della Democrazia cristiana, ricordando di averne già parlato «in tempi non sospetti e in decine di interventi pubblici». «Così come parlavo del partito dei moderati prima di tutti gli altri — ha spiegato Casini — ho sempre sostenuto che una delle ragioni per cui non si può rifare la Dc è che accanto ai meriti storici del partito, noi abbiamo una avuto grande questione che ha coinciso con gli ultimi 20 anni della storia democristiana, fino agli anni Novanta: il consociativismo tra Stato e enti periferici guidati prevalentemente dal centrosinistra, ai quali bisognava pur dare qualcosa e lo si faceva di soppiatto nelle Finanziarie e questo ha pesato sulla finanza pubblica. Pensiamo al decreto Stammati con cui sono stati privilegiati enti locali non virtuosi». Nella sua fase finale, poi, ha insistito Casini, «la Dc ha finanziato il proprio consenso politico trasformando uno Stato sociale in uno Stato assistenziale. E il risultato è stato l'espolosione del debito pubblico, quindi comportamenti poco virtuosi che oggi subisce Berlusconi solo perché è lui che governa». Casini ha anche accennato alla riforma delle pensioni e allo «squilibrio tra giovani e vecchi per il quale i nostri figli ci rimproveranno di aver usato un metro non adatto a loro» e alla concorrenza cinese: «È in gran parte sleale ma pensiamo di bloccarla coi dazi? Siamo poveri illusi se pensiamo qiesto, anche perchè la competitività italiana non è che oggi subisce solo i cinesi ma il fatto di aver perso punti, negli ultimi dieci anni punti rispetto a paesi come la Germania». A questi problemi «occorre dare una risposta - ha concluso Casini - con un elemento di novità».

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