Tasse sui guadagni di Borsa, governo diviso
A rilanciare l'ipotesi è il ministro dell'Economia Domenico Siniscalco che però incassa subito un no secco dal vicepremier Giulio Tremonti e dalla Lega. La proposta di Siniscalco rientra nel quadro di misure che dovrebbero essere inserite nella prossima Finanziaria per fare cassa. Il ministro spiega che la manovra sarà da 17,5 miliardi di euro e avrà come base le stime del Documento di programmazione economico le cui stime sono state confermate ieri dal Fondo Monetario internazionale. Ma come recuperare i 17,5 miliardi? Siniscalco parla di tagli alla spesa e di allargamento della base imponibile attraverso la lotta all'evasione fiscale. Ed è tra queste misure che Siniscalco inserisce anche la tassazione delle rendite finanziarie. Ma i Bot people possono stare tranquilli come pure le società che fanno investimenti in Borsa a medio e lungo termine. Nel mirino del ministro ci sono «i grandi capital gain istantanei, quelli del mordi e fuggi». Sono questi che Siniscalco vorrebbe bastonare. Questo lascia pensare che dietro quel «mordi e fuggi» ci possa essere una manovra volta a bloccare l'operazione di Ricucci su Rcs. Poi parla di «attenuare il cuneo fiscale delle retribuzioni e sbloccare gli investimenti già stanziati». Lo sviluppo sarà sostenuto tagliando l'Irap. Insomma ecco servita la prossima manovra. Ma Siniscalco ha fatto i conti senza l'oste. A stretto giro di tempo il vicepremier gli sbarra la strada facendogli capire chiaramente che le rendite finanziarie, di qualunque tipo siano, non si toccano. Non solo. Tremonti gli ricorda che «Forza Italia e il presidente del Consiglio si sono già espressi e si sono detti contrari». «Il sistema fiscale italiano - precisa Tremonti - in merito alle plusvalenze realizzate dalle società finanziarie è giusto. È quello europeo». Secondo il vicepremier, «il problema non è come tassare i capital gains fatti dai raiders, ma come evitare che essi li facciano. Dunque il problema è alla base. Cerchiamo di eliminare la patologia italiana evitando di crearne una ancora maggiore». Tremonti precisa anche che «il governo non tasserà mai i Bot. Piuttosto sarà Prodi a colpire risparmi e depositi. C'è qualcuno che è andato di notte a mettere le mani sui risparmi degli italiani ma non Forza Italia questo non accadrà mai». Alle parole di Tremonti fanno eco quelle del ministro leghista Roberto Maroni. «Non si può diminuire la pressione fiscale da una parte, così come vogliamo fare con l'Irap - spiega Maroni - finanziando il taglio con un aumento della pressione fiscale su un altro settore. Non sarebbe una politica condivisibile. La riduzione della pressione fiscale si fa tagliando delle spese, punto e basta». E a chi denuncia lo squilibrio esistente tra tassazione sui capital gains e quella invece più consistente sulla produzione, il ministro del Carroccio replica che «non è uno squilibrio ma una differenza di carico fiscale che deriva da una situazione che è quella che abbiamo. Seguendo questa logica - aggiunge Maroni - anche sull'Iva allora c'è squilibrio». A dare una mano a Siniscalco ci pensa invece il ministro delle Politiche Agricole Gianni Alemanno. La sua tesi è che per cominciare a smantellare l'Irap «bisogna trovare altre forme di gettito fiscale e l'unica entrata è quella della tassazione delle rendite finanziarie». Poi ricorda che anche Confindustria e sindacati sarebbero d'accordo. Al «no» di Tremonti Alemanno risponde dicendo che «occorre aprire un dibattito serio nel governo e non procedere per anatemi» Il ministro è convinto che «la gente capirebbe bene. L'Italia che la la più alta tassazione sulle imprese e la più bassa sulle rendite finanziarie». A rafforzare le parole di Alemanno c'è anche Maurizio Leo, vicepresidente della commissione Finanze della Camera. Il ragionamento è lo stesso: le risorse a disposizione per finanziare la riduzione del carico fiscale delle imprese sono poche e questo porta a valutare l'opportunità di rivedere la tassazione sulle rendite finanz