Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Gli abusi contro l'ambiente saranno puniti come reati

default_image

  • a
  • a
  • a

La proposta di legge bipartisan, da settembre all'esame della commissione Giustizia della Camera, apre un nuovo capitolo nella legislazione ambientale. Punite finora per lo più con contravvenzioni (il che significa termini di prescrizione brevi), le violazioni ambientali diventano reati a tutti gli effetti punibili fino a 20 anni di carcere. Il provvedimento, firmato da oltre 100 deputati dei due poli e scelto come testo base in commissione Giustizia, introduce importanti novità. Prima di tutto inserisce nel codice penale un TitolO nuovo (il VI bis) dedicato esclusivamente ai reati ambientali. E anche se non propone un'esatta definizione unitaria del reato, ne stabilisce le pene che vanno dai sei mesi ai 20 anni. Per la semplice violazione delle leggi che tutelano aria, acque, suolo, sottosuolo, patrimonio artistico, architettonico, archeologico o storico, la condanna può oscillare dai sei mesi ai tre anni di carcere. Nel caso in cui ci sia anche il pericolo di vita o incolumità delle persone si passa dai due ai cinque anni. Fino ad arrivare ai sei, se dal fatto deriva un danno per aria, acque, suolo e sottosuolo. Ma l'elenco continua e le condanne aumentano. Se le violazioni si commettono in un'area protetta, si rischia il carcere dai tre ai sette anni. Se ne deriva una lesione personale, dai tre agli otto. Se la lesione è grave, invece, dai quattro ai dieci anni e se è gravissima dai sei ai 12. Se infine la violazione ambientale provoca la morte di qualcuno, la reclusione sarà dai 12 ai 20 anni. In più, si rende inapplicabile il bilanciamento tra attenuanti e aggravanti per evitare, come spiega la relatrice Anna Finocchiaro (Ds), che «delitti altamente lesivi per le persone e l'ecosistema» vengano puniti alla fine «con sanzioni del tutto irrisorie». Ma la novità più importante è che si codificano le eco-mafie e che si attribuisce alla procura antimafia il compito di indagare sul loro operato. Si inserisce cioè nel codice penale la figura dell'associazione mafiosa che commette crimini contro l'ambiente e si affida all'Antimafia il compito di combatterla. E anche in questo caso le condanne sono pesanti. Per i «boss (cioè per chi promuove, costituisce, dirige o finanzia, l'organizzazione) la reclusione non è inferiore ai 15 anni. I «soldati semplici» invece rischiano fino ad otto anni. Ma le pene aumentano se fanno parte della «cosca» più di dieci persone o se vi partecipano pubblici ufficiali o eco-vigili. I responsabili dell'azienda che violano le leggi a tutela dell'ecosistema rischiano la galera fino a tre anni. Che arrivano a quattro se il danno è provocato in un'area protetta.

Dai blog