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Casini ci riprova, la Lega non ci sta

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Non saranno certo gli insulti a farmi cambiare idea». Pier Ferdinando Casini scuote la quiete estiva della politica. Lo fa con un nuovo affondo sul tema della leadership della Casa delle libertà. Il presidente della Camera affida il suo pensiero a un'intervista a Panorama che suscita un nuovo terremoto nel centrodestra. Casini torna alla carica con la richiesta di «discontinuità», parola chiave dietro la quale si nasconde, in realtà, il progetto di cambiare struttura, programma e leader della coalizione. «Senza una discontinuità rispetto al passato, si perde. Non possiamo presentarci alle elezioni solo facendo il bilancio delle cose fatte», è il suo monito. Un invito a cambiare rotta, soprattutto a superare la «linea Berlusconi-Fini», secondo la quale «va tutto bene e per vincere basta litigare un pò meno e fare qualche spot in più». Ma il punto chiave delle parole di Casini sta nella proposta di ridimensionamento dell'alleanza con la Lega. «Con il Carroccio - propone - non più accordi politici ma solo un «accordo tecnico». Parole dure, che preludono a un autunno caldo nella Cdl. Casini evoca poi lo spettro della fine dei conservatori inglesi dopo l'uscita della Thatcher («Ho paura che il giorno dopo una nostra eventuale sconfitta ci sia un fuggi fuggi generale») anche se dà per scontato che sarà Berlusconi il candidato premier del centrodestra. Ma Ce ne è abbastanza per mandare su tutte le furie i vertici del Carroccio e quelli di Forza Italia. È vero che Casini può contare sulla sponda dell'antagonista di Fini, Gianni Alemanno (il ministro ha detto di condividere la richiesta di discontinuità e ha auspicato che a settembre la questione venga affrontata «senza idee preconcette e senza esclusioni a priori»); ma An è divisa. Maurizio Gasparri, ci va con i piedi di piombo, e mette in guardia gli alleati dal rischio di «disorientare gli elettori». «Occorrerebbe - ammonisce - che i massimi esponenti della coalizione, e fra questi ci metto anche il presidente Casini, quando si incontrano tra di loro, fossero più franchi su candidature e leadership». E anche Ignazio La Russa mette in guardia l'alleato: «Non tutte le discontinuità sono positive». Ma è soprattutto dentro Forza Italia che è grande il malumore per le parole di Casini, anche se la consegna è a non gettare benzina sul fuoco con dichiarazioni polemiche. Lo scontro sulla leadership, che solo qualche giorno fa aveva fatto esclamare a Berlusconi «ma dove vuole arrivare l'Udc?», solleva dubbi sulle intenzioni del presidente della Camera, visto sempre di più come un «grande disturbatore». «Parole stonate», commenta Franco Giro, responsabile di Forza Italia per il mondo cattolico e consigliere di Bondi, secondo cui il progetto del centrodestra non può partire «dalle macerie». E Fabrizio Cicchito, vice coordinatore azzurro, osserva che la vera discontinuità sarebbe recuperare l'unità politica di tutti gli alleati «dopo due anni di conflittualità interna che una parte di elettori ha mostrato di non apprezzare». Come dire: disuniti si perde. L'alleanza con la Lega Nord, fa sapere poi l'azzurro Gregorio Fontana, non può essere ridimensionata a semplice «patto tecnico»; serve invece un «patto politico per tornare a vincere e a governare». «Non vedo percorribili accordi tecnici» taglia corto il ministro del Carroccio Calderoli, che giudica difficile la realizzazione del partito unico sognato dal presidente della Camera. «Se ci saranno le condizioni, Bossi e la Lega saranno disponibili solo ad accordi politici», avverte. Commenta il capogruppo Udc Luca Volontè: «Ma non era la Lega a non volere il partito unico dei moderati?». Nel centrosinistra, le fibrillazioni della Cdl vengono giudicate come prove di cambio di leadership dopo le elezioni. Secondo l'esponente della Margherita Franco Monaco, Casini non vuole tanto sostituirsi a Berlusconi in questa campagna elettorale, data per persa, «ma piuttosto posizionarsi come riferimento per il dopo sconfitta».

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