Quando Scalfaro chiamava Fazio
Accadde, suo malgrado, già nel '93-'94, in piena Tangentopoli e i partiti quella volta si guardarono bene dal chiedere la sua testa e, soprattutto, non lo fecero quanti oggi, nella Margherita da Rutelli a Castagnetti a Prodi, sembrano pretenderlo con maggior furore. Anzi quando le intercettazioni vennero rese note, nel '97, grazie alle solite fughe di notizie, l'allora sottosegretario al Tesoro il prodiano Roberto Pinza e il capo dei senatori diessini, Cesare Salvi, accorsero a spelleggiarlo. Alla fine del '93 il piemme di Milano Luigi Orsi aveva fatto intercettare le utenze telefoniche di un indagato, Carlo Piantanida, allora amministratore delegato della Banca popolare di Novara, al centro di una inchiesta giudiziaria con decine di altri personaggi della finanza. In un nastro la conversazione fra il presidente della Repubblica del tempo, Oscar Luigi Scalfaro e, il presidente della Popolare di Novara, Lino Venini. L'ex inquilino del Colle rassicurava il suo amico: «Lino, non ti devi preoccupare. Parlerò io con la Banca d'Italia. Vedrai che tutto si risolverà». E l'intervento ci fu, almeno a sentire i protagonisti nel corso di una successiva intercettazione, avvenuta nel giorno di Natale del '93. Al telefono Venini e l'ex direttore generale dell'Associazione delle banche popolari Giuseppe Murè. Quest'ultimo chiedeva a Venini: «Com'è andata la visita da Scalfaro?». Lino rispose che «avevano parlato a lungo, oltre un'ora e mezzo, e proprio in loro - Venini e Piantanida,ndr - presenza il presidente della Repubblica ha telefonato ad Antonio (Fazio, ndr) ed hanno parlato per circa 20 minuti».