L'ANNUNCIO

Ma l'opposizione alza le barricate e bolla il progetto del premier come l'ennesimo tentativo di «bloccare» la magistratura. Una convinzione che non trova conferme nelle dichiarazioni del ministro delle Comunicazioni Mario Landolfi che ieri, annunciando il ddl per la fine di agosto, ha assicurato che «si tratterà di un testo unificato a cui ognuno lavorerà secondo le proprie competenze e in grado di soddisfare anche l'opposizione». Un appello bipartisan che per ora non trova consensi all'interno dell'Unione. Su due punti soprattutto si sollevano le proteste dell'opposizione. La prima, di metodo, riguarda il fatto che ad occuparsi del disegno di legge sia lo stesso Berlusconi. Categorico il commento di Piero Fassino: «Sconsiglio al premier di scrivere di suo pugno la legge, il Parlamento ha tutta la competenza e la professionalità per occuparsene». La seconda riguarda invece la sostanza: eccessivo limitare le intercettazioni solo ai reati di mafia e di terrorismo. Fuori misura le pene comprese tra i 5 e i 10 anni di galera - più di quelle previste per l'omicidio colposo - per chi le diffonde. Il timore, tutt'altro che nascosto, è che il governo voglia usare la legge sulle intercettazioni per «bloccare la magistratura». È l'opinione del segretario dei Comunisti Italiani Oliviero Diliberto, che non usa giri di parole: «Il governo va avanti nel disegno di restringere il potere di intervento della magistratura, per non affrontare le vere questioni che sono sul tappeto». Egualmente duro è il responsabile giustizia della Quercia Massimo Brutti: «Sgomberiamo il campo dalle proposte preannunciate dal premier che paiono incongrue e inaccettabili, e partiamo dalle proposte che giacciono in Parlamento». Ma se a sinistra si alzano le barricate, dalla Cdl arrivano gli affondi. «La sinistra continua a essere animata dalla cultura della gogna - parte all'attacco il viceministro delle Attività Produttive di An, Adolfo Urso - per questo reagisce in maniera scomposta, quasi irata, alla proposta di un disegno di legge che punta a ricondurre l'Italia nell'alveo dei paesi civili». Una contrapposizione frontale nella quale però si intravede qualche spiraglio di dialogo. «Bisogna distinguere le intercettazioni quelle che servono per scoprire i reati - è l'opinione di Alfonso Pecoraro Scanio - e le invasioni nella privacy».