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Gli scandali dello scandalizzato

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Il «Vietnam» dell'Iri, dove il «tcnico» Romano Prodi soggiornò a singhiozzo quasi un decennio. A sceglierlo per l'istituto di via Veneto furono un giornalista influente, Eugenio Scalfari, e un politico amico, Ciriaco De Mita, che fu presidente del Consiglio e segretario della potentissima dc dell'epoca. Primi sette anni all'Iri: Prodi fece 170 nomine in società controllate. Di queste 93 manager con tessera democristiana. Dei 93 ben 78 legati a doppio filo a De Mita. Un esecutore. Un lottizzatore con i fiocchi della prima repubblica. Allora comandava il pentapartito. E infatti 23 manager furono rigorosamente con tessera socialista. E 20 equamente divisi fra i partiti laici minori, il Pli, il Pri e il Psdi. Fa scandalo oggi l'accordo sulla Rai con il diessino Claudio Petruccioli? Anche Prodi fece la sua Rai dall'Iri. Cercò di bloccare, è vero, due consiglieri di amministrazione impostigli che nel lontano 1984 non gli andavano a genio: il socialista Massimo Pini e il giovanissimo rampante democristiano, Marco Follini. Non per nominare chissà quale Enzo Biagi. Puntava sui suoi famigli. Un professore che gli era molto vicino, Tiziano Treu. E un giornalista che forse oggi dice poco ai più: Roberto Bencivenga. Era il suo addetto stampa. Già, la famiglia. Il Professore poi prestato alla politica e rimastoci incollato per un decennio è solito, rivelano le cronache di regime ulivista, prendere ogni decisione riunendo la famiglia. O i famigli (amici e militanti dilunga data del prodismo). E la famiglia torna sempre in primo piano: fu la moglie Flavia Franzoni a ottenere con la sua Ase srl importanti consulenze pubbliche e private. Fu il fratello Vittorio a seguirne le orme in politica, divenendo anche presidente della Provincia di Bologna. Fu la nipote, l'ingegnere nucleare Silvia Prodi, a finire nel mirino dei giornali inglesi, Daily Telegraph in testa per avere goduto con la Itlatrend, dove lavorava nel top management, di appalti importanti in Russia da parte della Unione Europea guidata dallo zio Romano. Scandalo per nomine e inciuci, come sostengono Prodi e il suo profeta, Artuto Parisi? Allora meglio riprendere l'agenda di governo con Prodi premier e Parisi suo fido sottosegretario. Dal primo giugno 1996 al 9 ottobre 1997 il governo Prodi mise il suo timbro sulla bellezza di 1.936 nomine pubbliche. Lottizzazione selvaggia nei ministeri e nelle aziende di Stato con il ritmo invidiabile di una nomina ogni sei ore e 10 minuti. Circa 4 nominati al giorno, ed è rimasta la più grande occupazione dello Stato che un governo abbia mai fatto nella storia della Prima e della Seconda Repubblica. La Rai farcita come un panino di famigli. Da Enzo Siciliano, gradito al vice-Prodi, Walter Veltroni. A Franco Iseppi, divenuto direttore generale della Rai per sussurro di Biagi. L'ex parlamentare Ds, Stefano Rodotà, nominato garante della privacy, e suo fratello, Antonio, inviato alla guida dell'Esa, l'Agenzia spaziale europea. Antonio Cariglia, già segretario Psdi e con Schietroma fu regista dell'approdo dei resti di quel partito nelle fila dell'Ulivo? Prodi nominò suo fratello, Nicola, alla guida della Rai di Firenze. In quei giorni in viale Mazzini infornata di figli: quelli di Tanino Scelba, di Corrado Augias, di Angelo Guglielmi e di Nerino Rossi. Tutto in famiglia, che è più morale secondo il dna del prodismo. Nella grande famiglia anche Nomisma, la società di consulenza nata e cresciuta sulle fortune di Prodi. Da lì crebbe la sua fama di professore. Verso Nomisma arrivarono le generose attenzioni de manager amici di Prodi. E talvolta anche i guai. Come quelli derivanti dai contratti fra la società bolognese e le Ferrovie dello Stato (ricerche un po' improbabili per 10 miliardi di vecchie lire). Ma anche e soprattutto ol caso Sme, che ha contrassegnato buona parte della esperienza giudiziaria del professore senza macchia e senza peccato. I fatti sono questi. Anno 1985. L'Iri, presieduta allora da Romano Prodi, controlla attraverso la Sme l'attività agro-alimentare. Nell'aprile di quell'an

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