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«Tempori serviendum est», e Cicerone s'alleò con Cesare

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Dopo la lunga battaglia per il controllo della Mondadori, terminata nell'aprile del 1999, liti che si sono trascinate fin nelle aule di tribunale e battute al vetriolo tra Silvio Berlusconi e Carlo De Benedetti è scoppiata la pace, anticipata (e sancita) dalla cena a casa del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, a maggio. Motivo dell'inaspettato feeling gli affari. Ed è infatti di qualche giorno fa l'annuncio che Cdb Web Tech, società di cui l'Ingegnere è presidente e maggiore azionista, investirà in imprese in difficoltà per favorirne il rilancio. Sul piatto l'ex ad di Olivetti e il presidente del Consiglio, tramite Fininvest, metteranno 50 milioni di euro ciascuno e non mancherà «l'attenzione» tra gli altri, come si legge in una nota diffusa qualche giorno fa dalla stessa Cdb Web Tech, di Luca Cordero di Montezemolo, Diego Della Valle, Nerio Alessandri e Arnaldo Borghesi. Ma di rapporti litigiosi e tormentati, seguiti da rappacificazioni «interessate», sono pieni i libri di storia di ogni epoca. Uno dei più famosi e quasi certamente il più famoso nella Roma antica, e precisamente durante l'età repubblicana, è stato quello tra Giulio Cesare e Marco Tullio Cicerone, nemici giurati per tanti anni. L'oratore di Arpino si opponeva al generale della gens Iulia e parteggiava per Pompeo Magno, forse il più grande «inimicus» di Cesare, sebbene non abbia partecipato alla partita finale tra Cesare e Pompeo, ovvero quella battaglia di Farsalo del 48 a.C., preludio alla morte di Pompeo, tradito in Egitto da Tolomeo e, al tempo stesso, inizio della vera e propria «età di Cesare». Divenuto Cesare console e dittatore, talvolta anche contemporaneamente, Cicerone cambia atteggiamento nei suoi confronti. Ma non in nome del pragmatico «business is business» su cui tanti vociferano in questi giorni, magari strizzando l'occhio. Invece in onore di quel «tempori serviendum est», ovvero «obbedire alle circostanze», tanto caro a Cicerone che lo cita ben quattro volte nel suo epistolario con l'amico Attico e con i familiari. In modo ben diverso da Demostene, oratore greco del IV secolo a.C., alle cui Filippiche Cicerone si ispirava con le sue omonime orazioni scritte contro Marco Antonio. L'ateniese Demostene preferì infatti bere il veleno nell'isoletta di Calauria anzichè cercare una riconciliazione con Alessandro Magno, di cui era fiero oppositore come era accaduto in precedenza con il padre Filippo. Storia simile, ma con esiti ben diversi qualche anno più tardi, quando Cicerone si scaglia contro Antonio nella contesa per il potere con Ottaviano, figlio adottivo di Cesare, che diventerà il primo imperatore romano con il nome di Augusto. Nel 43 a.C. dopo la guerra di Modena e la sua successiva sconfitta, Antonio si riconcilia con Ottaviano tanto da dar vita, insieme a Marco Lepido, a un nuovo triumvirato che emulava l'esperienza del 60 a.C. tra Cesare, Pompeo e Crasso. La pace segna la condanna a morte per Cicerone che viene incluso nelle liste di proscrizione. Mentre andava a Formia, nel tentativo di fuggire, i sicari di Antonio gli tagliano la testa.

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