«Bravo presidente. Le registrazioni? Immondizia come le lettere anonime»

Non spetta alle toghe decidere vinti e vincitori, pensino a fare esclusivamente il loro dovere». Rocco Buttiglione è un misto di sentimenti. Di contentezza per l'iniziativa di Ciampi. Ma anche di una sorta di rabbia per il nuovo intervento della magistratura che ha interdetto Gianpiero Fiorani, ad di Banca Popolare Italiana, e sequestrato le azioni dei presunti «concertisti» nella scalata ad Antonveneta. Ministro, come giudica l'ultima azione della magistratura? «Non mi sento di commentare singole azioni della magistratura. Non conosco gli atti e preferisco non esprimermi». Sta di fatto che la magistratura sta decidendo anche le partite finanziarie. Lei che cosa ne pensa? «Ripeto, non giudico l'aspetto singolo. Ma posso dire in via generale che la magistratura dovrebbe pensare a fare l'arbitro e non la parte in causa. Non scendere in campo». È per questo che si è fatto sentire Ciampi? «Il presidente della Repubblica ha fatto benissimo a chiedere al Csm di interessarsi della questione delle intercettazioni. Era ora. Visto quello che sta succedendo...». E che cosa sta accadendo, secondo lei? «È in corso una spaventosa guerra di potere. Quelli che ce l'hanno non intendono lasciarlo ad ogni costo. E quelli che non ce l'hanno sono pronti a ottenerlo a qualunque prezzo». Senta, anche lei è un ministro: si sente parte in causa? «Io un potente? Forse un pochino. Ma quello che è importante è che non sono pronto a rimanere al mio posto a qualunque costo. E penso di averlo dimostrato in tutta la mia vita. Anche recente». Torniamo alla partita per il potere finanziario. Si sta esagerando con l'utilizzo dei mezzi per vincere questa battaglia? «Si è sconfinato. Troppo. Siamo al machiavellismo d'accatto». In che senso? «Siamo al machiavellismo di serie B. È vero che nel Principe si parla di fine che giustifica i mezzi. Ma qui mezzi sporchi stanno sporcando anche il fine». E la magistratura si sta prestando a questo gioco? «Dico questo: le intercettazioni vanno considerate come le lettere anonime». Lettere anonime? «Esatto. Le denunce che non portano la firma vanno cestinate. Bene, bisognerebbe fare lo stesso con le intercettazioni. È un metodo che non mi piace, che non apprezzo. E penso che i pm dovrebbero fare più attenzione ad utilizzarle e soprattutto a divulgare». Ma se sono le stesse toghe a consegnarle ai media? «Voglio sperare che questo non sia vero. È per questo che spero un giorno di vedere un magistrato che scova una talpa che compromette il suo lavoro e lo punisce». Intanto le intercettazioni telefoniche ci sono. Che cosa pensa di quelle che riguardano il governatore della Banca d'Italia? «Per me non esistono. Ripeto, non capisco che cosa c'entrassero con il provvedimento del magistrato. Quindi, non capisco perché siano state diffuse». Si voleva colpire la Banca d'Italia? «E qui tocchiamo un altro punto delicato. E cioè, mi rendo conto che è in corso una battaglia finanziaria. E non mi stupisco che ce ne siano. Ma lasciate fuori le istituzioni. Questo gioco allo sfascio di tutto e tutti è soltanto un danno al Paese che non verrà mai più risanato. Ecco perché ritengo che Ciampi abbia fatto bene a intervenire perché a nessuno è consentito distruggere un pezzo del patrimonio del Paese». Ministro, però al centro delle contestazioni c'è la condotta del governatore. E non della Banca d'Italia. «Non è possibile disgiungere la Banca d'Italia dal governatore. Chi colpisce il secondo, farà un danno irrimediabilmente anche a tutta l'istituzione». Ma non le sembra un po' troppo vietare le intercettazioni telefoniche? «Non ho detto questo. Bensì ritengo che se ne facciano troppe e soprattutto contesto la loro divulgazione». Come fa a sostenere che sono troppe? «Anzitutto mi aiuta buon senso. Poi i numeri. Sono il doppio, alle volte il triplo di quelle che si fanno negli altri Paesi europei». In Italia però c'è la mafia, e non è un fenomeno trascurabile... «Bene, allora prenda qualunque procura italiana non ad alta densità mafiosa. E la metta in paragone con qualunque stesso ufficio