Rai, Petruccioli mette tutti d'accordo

Ma ieri, più di uno è rimasto colpito dal vero e proprio «plebiscito» che ha sancito la nomina del diessino Claudio Petruccioli a presidente della Rai. Dopo più di due mesi di attesa, indiscrezioni, contatti e «rimpalli» tra i Poli, l'ormai ex presidente della Commissione di Vigilanza, approda così alla poltrona tanto agognata. È stata una battaglia faticosa ma, alla fine, il consenso unanime con cui la «sua» commissione ha sancito la nomina ha sicuramente ripagato Petruccioli della lunga attesa. Formalmente manca ancora il voto del cda, previsto per martedì, ma di fatto la tv pubblica torna ad avere un presidente, a quindici mesi dall'addio di Lucia Annunziata. Il vertice sarà completo giovedì, quando il cda nominerà - dopo l'intesa con l'azionista e con il sì annunciato dello stesso Petruccioli - il nuovo direttore generale. Il candidato unico resta Alfredo Meocci. In realtà, come in un thriller, la suspence è durata fino a pochi minuti prima dell'assemblea totalitaria che, nella tarda mattinata di ieri, ha ufficialmente indicato Petruccioli. Il rappresentante della Siae aveva una delega con la data sbagliata e, solo al fotofinish è arriva quella con la data giusta. A stemperare l'ansia, il tentativo - a quanto si apprende - di uno dei delegati del ministero del Tesoro: «Petruccioli? Ma noi abbiamo portato un altro nome», avrebbe scherzato, gettando però nel panico i presenti per qualche secondo. Puntualissima, alle 13:30 si è riunita poi la Vigilanza, chiamata per legge ad esprimere il suo parere favorevole a maggioranza di due terzi. Un quorum difficile da raggiungere in un sabato di fine luglio: per fortuna la Camera era ancora aperta per approvare il pacchetto terrorismo. Quanto ai senatori, chi non era rimasto a Roma si è affrettato a tornarci: Iervolino (Udc) e Pessina (FI) sono arrivati dalla Sardegna, Scalera (Margherita) si è precipitato da Capri per deporre il suo voto nell'urna di San Macuto pochi minuti dopo le 17, con il seggio rimasto aperto apposta per lui. Il risultato è unanime: trentatrè sì su trentatrè votanti, con sei commissari assenti e ovviamente Petruccioli astenuto. Un consenso larghissimo, che conforta il neo presidente: a qualcuno avrebbe infatti confessato l'intenzione di rinunciare all'incarico in caso di defezioni o di franchi tiratori. Sollevato ma commosso, dopo il brindisi a base di champagne italiano nell'aula delle riunioni della commissione, ha ammesso con i cronisti: «Da venerdì sera ero convinto che non avrei raggiunto il quorum dei due terzi...». Nella giornata difficile per la Rai sul fronte dei diritti del calcio, con la serie A finita nelle mani di Mediaset, il neo presidente ha giurato di aver guardato «solo il suo ombelico». Ma, sollecitato dai cronisti sull'imminente nomina di Meocci a dg, ha spiegato che voterà a favore del candidato che avrà l'intesa - prevista dalla legge - con il Tesoro. «Il presidente, al momento del suo insediamento, a meno che non sia un delinquente o un incapace, vota a favore del direttore generale, perché la collaborazione tra presidente e direttore generale è una condizione essenziale per il buon funzionamento dell'azienda e il presidente deve manifestare questa volontà». Una risposta indiretta a Sandro Curzi, che finora ha svolto le funzioni di presidente, convinto di lasciare in eredità a Petruccioli «una prima insidiosa difficoltà: la nomina del direttore generale, sulla quale il cda si è già spaccato in due». Il plauso a Petruccioli è stato trasversale. Da Berlusconi, ai Presidenti Casini e Pera, dall'ex ministro Gasparri e al successore Landolfi, ai Verdi, An, l'Udc e i Ds. Anche il leader della Margherita Rutelli è convinto che «Petruccioli lavorerà bene». A Viale Mazzini, Petruccioli si insedierà martedì. Sul tavolo del cda, oltre alla questione dg, anche quella bollente dei diritti del calcio.