La Cdl non si rassegni, la vittoria è a portata di mano
i forti e i costanti non sogliono chiedere quanto fortemente né quanto a lungo, ma come e dove abbiano da combattere" (Cesare Balbo, Le speranze d'Italia). La storia si ripete. Abbiamo cominciato la lunga discesa verso le elezioni politiche del 2006. Elezioni che si preannunciano decisive per il futuro dell'Italia. Eppure, alla vigilia della battaglia, la coalizione di centrodestra rischia di commettere l'errore che fu fatale, nel 2001, al centrosinistra: dar per scontato l'esito della consultazione elettorale. La Casa delle Libertà si sta comportando come se tutto fosse già deciso e sembra ormai rassegnata alla sconfitta. Questa convinzione sta provocando da un lato un progressivo esodo verso il centrosinistra di chi, tra di noi, si ostina a concepire la politica in modo mercenario. Dall'altro non c'è partito della coalizione che non stia tentando, in ogni modo, di limitare i danni. Insomma, proprio nel momento in cui occorre il coraggio di un'azione politica forte, i "codardi" sono tutti concentrati sull'esito della battaglia. È proprio il caso di dirlo: "quando il dito indica la luna, lo sciocco guarda il dito". Questa "ritirata strategica", infatti, si fa strada nel momento in cui tra i cittadini e nella società vengono rilanciati con forza alcuni valori fondamentali. Valori che sono alla base della coalizione di centrodestra. Valori come la libertà, la difesa della persona, la sicurezza, il desiderio di riforme che incidano profondamente nella vita dei cittadini, la difesa dell'identità dell'Occidente di fronte all'attacco del terrorismo fondamentalista. La società chiede oggi una risposta a queste istanze e noi discutiamo dell'esito della battaglia. Dimenticando, tra l'altro, che alle ultime elezioni regionali non hanno perso le ragioni, gli ideali e i programmi della Cdl, ma ha perso l'incapacità di comunicare questo patrimonio e di far capire agli elettori che, sia pure all'interno di oggettive difficoltà, quel programma è ancora il migliore sulla scena politica italiana. Non nascondiamoci, quella del 2006 sarà innanzitutto una battaglia di valori. Lo dicono i fatti. Bush in America, Blair in Gran Bretagna, la Cdu in Germania, Sarkozy in Francia, hanno vinto e vinceranno perché hanno combattuto e combatteranno una battaglia sui valori. Per questo noi non possiamo limitarci a elencare ciò che di positivo abbiamo fatto. Non basta. La credibilità di una coalizione, infatti, si gioca anche sulla sua capacità di far discendere da un'identità forte la propria azione di governo. La nostra forza sta proprio in questo. La Cdl, a differenza dell'Unione, può già contare su una base comune di valori condivisi. Non abbiamo bisogno di inventarci nuovi valori per attirare questa o quella parte dell'elettorato. O, peggio ancora, non abbiamo bisogno di creare una falsa unità. Eppure ci comportiamo come se tutto fosse già perso. Anche il dibattito intorno alla legge elettorale si è presto tradotto in un tentativo, neanche troppo nascosto, di salvare il salvabile. Quando Follini chiede la proporzionale lo fa perché pensa sia l'unico modo per garantirsi una sopravvivenza. Stesso discorso per quanto riguarda la casa comune dei moderati. Noi non possiamo permetterci che questa diventi un pentolone all'interno del quale annacquare le diverse sensibilità della coalizione. Al contrario essa deve diventare il luogo dove tutti contribuiscono, secondo le proprie peculiarità, ad un rilancio complessivo della nostra azione politica. Sarebbe bello se, almeno stavolta, abbandonassimo la vecchia concezione della politica intesa come salvaguardia della propria poltrona e scendessimo in campo chiedendo solo "come e dove abbiamo da combattere".