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L'inutile trappola preparata per Bankitalia

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Contro Fazio l'antica arte della maldicenza, e lo strumento terribile delle intercettazioni al telefono

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Quel credo, quel senso della giustizia, quel modello economico, sono stati in questi anni così fermi e convinti da avere messo il Governatore talvolta sulla stessa strada, altre in contrapposizione con i vari governi. Sia destra che sinistra hanno immaginato un suo sbarco in politica nei rispettivi schieramenti. Ma se vi capitasse di scorrere le relazioni annuali di Fazio, trovereste sempre le stesse parole chiave, lo stesso modello, gli ideali che sono stati cemento di una vita. A Fazio la vogliono tirare per questo. E sbagliano soldati e ufficiali che l'hanno messo nel mirino, come burattinai che ne muovono i fili per banalissimi motivi personali. Il Governatore ha le sue convinzioni, criticabili come tutte le opinioni. Ma quelle non le smuovi nemmeno con la spallata violenta che stanno tirandogli in queste ore. Ci provarono all'epoca di Cirio e Parmalat, facendo un buco nell'acqua. Ora ritentano utilizzando Fiorani. E faranno un altro buco, nonostante la potenza dei mezzi utilizzati e l'enormità degli interessi che stanno dietro all'offensiva. Le intercettazioni sono una brutta bestia. Con una frase estrapolata si rovinano vite, si costruiscono teoremi, si utilizza l'antica arte della maldicenza vestendola da verità. Spesso il tempo e la realtà hanno fatto giustizia di questi metodi da Termidoro. Accadrà anche questa volta. Perché una cosa è certa: non si può vietare a un Governatore di avere rapporti con un banchiere. E a un uomo di avere amici. Così se una microspia avesse intercettato negli anni i rapporti fra Cesare Geronzi e Dini, e poi fra Geronzi e lo stesso Fazio, oggi Capitalia non esisterebbe. E chissà quanti altri gruppi bancari, quante belle operazioni di mercato osannate anche dalla stampa specializzata sarebbero invece naufragate nell'abisso della maldicenza, del sospetto provato. Ma in Italia l'occhiolino è la cosa meno democratica che ci sia. Se lo strizzano le persone giuste, è prova di magica intesa e perfino di sana concordia. Ad altri è vietato. È reato non scritto nei codici, ma nel dna di un potere che non si vede, e che è il vero cancro di questo Paese. Con la complicità dei magistrati e della Guardia di Finanza si sta trascinando nel fango presunto una delle istituzioni più importanti nella storia d'Italia. E sapete perché? Non per reati terribili. Non per ingiustizie. Quel di cui sarebbero accusati i cari Fiorani, Ricucci, Coppola, Gnutti etc (e Fazio che avrebbe tenuto bordone) secondo il testo unico della finanza potrebbe portare a una multa oscillante fra i 10 e i 200 milioni di vecchie lire. Una bazzecola. La sostanza è ancora più ridicola. Perché quei signori, avessero firmato fra loro un patto, secondo legge sarebbero stati costretti a fare un'offerta pubblica di acquisto a tutti i piccoli azionisti di Antonveneta. L'hanno fatta. Esattamente come i loro rivali olandesi di Abn Amro. Liberi tutti poi di scegliere. Fosse provata l'accusa di concerto (e non lo è, perché non basta la maldicenza), la legge prevede che sia sterilizzato il diritto di voto di tutti, e che entro 12 mesi vengano vendute le quote superiori al 29,9% del capitale. Tutto questo per poi arrivare a un'Opa. Che è già stata lanciata. Dove sarebbe la sostanza? Nell'Opa. Che c'è. Tanto accanimento di fronte a un caso che nei fatti non esiste mostra purtroppo altro. Che ancora una volta si utilizza la giustizia per regolamenti di conti privatissimi. E questo è male ben superiore alle presunte accuse. Quelle intercettazioni, la spesa che i cittadini devono sopportare per un procedimento inutile, sono il vero scandalo. Che meriterebbe da parte del ministro della Giustizia, Roberto Castelli, vera attenzione. Questa volta un'ispezione a Milano sarebbe più che motivata. Franco Bechis

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