Pera al Csm: basta interferire con il Parlamento
Il presidente del Senato Marcello Pera ha infatti contestato esplicitamente che il Consiglio superiore della magistratura possa discutere la riforma che la Camera si appresta ad approvare. E anche quello della Camera, Pier Ferdinando Casini, ha richiamato l'autonomia del Parlamento rispetto al Csm. I presidenti delle Camere si pongono così in posizione critica verso il comportamento di un organo il cui presidente, sia pure in posizione non attiva, è pur sempre il capo dello Stato, che sottoscrive gli ordini del giorno delle riunioni del Consiglio e che sarà chiamato a porre la firma per rendere definitiva l'approvazione della legge contestata, e già rinviata alle Camere. Nelle loro dichiarazioni, sia Pera che Casini hanno voluto sottolineare il principio dell'autonomia del Parlamento, in quanto portatore della volontà popolare, rispetto al Csm. Un principio richiamato prima dal presidente della Camera, sottolineando che il Csm non ha il potere di dare consigli al governo nè di sindacare l'operato del Parlamento; poi da quello del Senato, ricordando che l'articolo della Costituzione sui poteri del Csm, il numero 105, riguarda solo le decisioni sullo status dei magistrati. Mentre il voler esercitare un'influenza sul procedimento legislativo significherebbe, secondo Pera, imporre una sorta di «tricameralismo» che non dovrebbe preoccupare solo, osserva Pera, i presidenti delle Camere. Sono state soprattutto le parole di Pera, le più esplicite, a provocare le maggiori reazioni: di consenso da parte della maggioranza, di protesta nelle fila dell'opposizione. Anche se i toni usati sono molto diversi. Ad esempio, se nella maggioranza il segretario dell'Udc, Marco Follini, misura le parole per dire che Pera ha ragione a segnalare pericoli di «sovrapposizione» fra il Csm e il confronto parlamentare«, il ministro leghista Roberto Calderoli è molto più deciso nel dare pienamente ragione a Pera e nel sottolineare, anzi, di aver a sua volta sollecitato, inutilmente, il capo dello stato perchè, come presidente del Csm, impedisse «una violazione così palese della Costituzione», come il parere sulla riforma espresso dalla VI commissione del Csm la settimana scorsa. Piena adesione alle parole di Pera viene anche da diversi esponenti di Forza Italia che sostengono, come dice fra gli altri il capogruppo al Senato Renato Schifani, che il presidente del Senato si è espresso «nel rispetto dello spirito e della lettera della Costituzione». In serata però arriva la risposta del vicepresidente del Csm Virginio Rognoni, il quale afferma che «è un «dovere» del Csm esprimere il parere sulla riforma dell'ordinamento giudiziario al ministro della Giustizia». Il vice presidente del Csm torna così a difendere l'organo di autogoverno dei giudici dalle critiche venute dai presidenti di Camera e Senato. E ricorda che quell'ordine del giorno del Csm ha ricevuto «l'assenso del Capo dello Stato». La difesa del Csm è affidata ad una nota scritta: «Non credo -premette innanzitutto il numero due di Palazzo dei Marescialli- di dover aggiungere nulla a quanto ieri, e in precedenti occasioni, ho avuto modo di dire. L'art. 10 della legge del 1958, istitutiva del C.S.M., gli conferisce la facoltà di esprimere al Guardasigilli il parere circa le conseguenze che certi provvedimenti di legge possono avere sull'organizzazione giudiziaria». Proprio alla luce di tutto questo «il C.S.M. ha il dovere di esprimere questo parere al Guardasigilli perchè, se lo ritiene, ne tenga conto nella sua interlocuzione con il Parlamento».