Riforma, la Cdl blocca il Csm
I laici della Cdl, così come avevano annunciato nei giorni scorsi, hanno fatto mancare il numero legale. Una decisione accolta con «rammarico» dal vice presidente del Csm Virginio Rognoni e criticata apertamente dai togati delle correnti di sinistra e dai laici di centro-sinsitra ma apprezzata dal sottosegretario alla Giustizia Jole Santelli, secondo cui è stata così ripristinata la «legittimità del ruolo del Csm». È la seconda volta in questa consiliatura che i consiglieri del Polo fanno mancare il numero legale, bloccando i lavori del Csm: lo avevano già fatto nel 2002 per impedire la discussione sulla legge Cirami. Che i laici della Cdl non avrebbero fatto oggi marcia indietro era chiaro sin dall'inizio dei lavori del plenum. Per niente rassicurato dalla decisione del capo dello Stato di limitare il dibattito alla parte del parere dedicata all'emendamento Bobbio, a metà mattinata il gruppo ha affidato ai giornalisti una dichiarazione congiunta nella quale riaffermava l'intenzione di lasciare l'aula. Il tutto per impedire al Csm di «assumere un proprio ruolo politico», pronunciandosi sulla riforma ormai prossima al via libera definitivo da parte della Camera, peraltro proprio nel giorno dello sciopero dei magistrati. L'abbandono dell'aula è avvenuto dopo mezzogiorno e non in maniera plateale: i singoli consiglieri sono usciti alla spicciolata mentre si stava discutendo di un'altra pratica, prima ancora insomma che arrivasse il momento del dibattito sul parere. In aula è restato solo il laico di An Nicola Buccico, solo per chiedere la verifica del numero legale. Numero che a quel punto evidentemente non c'era. Rognoni ha sospeso la seduta per cinque minuti, che trascorrono inutilmente prima di decidere per una nuova convocazione alle 13, ma inutilmente. E così, all'ora di pranzo non gli è restato che prendere atto che il numero legale non c'era. «È un'amara sorpresa» ha commentato sconsolato poco dopo, dando atto ai consiglieri della Cdl di essersi sempre comportati in questi anni «con lealtà» e, a maggior ragione, dicendo di non condividere le loro ragioni. Rognoni ha escluso qualsiasi interferenza del Csm nelle prerogative del potere legislativo: «Non si tratta di fare il verso al Parlamento, noi abbiamo delle competenze che cerchiamo di esercitare». Spiegando che quello che si voleva discutere era «un parere al ministro della Giustizia» sulla novità della riforma, l'emendamento Bobbio, che «ha ricadute piuttosto pesanti sull'organizzazione giudiziaria»; materia su cui «il Csm ha titolo» per pronunciarsi.