La Cassazione annulla l'assoluzione. L'ex ministro: «Torno ai vigneti»
Ieri, il sostituto procuratore generale della Cassazione, Antonio Siniscalchi, ha chiesto l'assoluzione per l'ex esponente democristiano e l'annullamento "senza rinvio" della sentenza d'appello. Ma per i nove giudici delle sezioni unite penali della Cassazione, presiedute dal Primo Presidente Nicola Marvulli, il processo di secondo grado dovrà essere rifatto davanti ad un'altra sezione della Corte di appello di Palermo. Ricomincia così il calvario per l'ex ministro siciliano, protagonista di una vicenda giudiziaria lunga 11 anni che prende il via il 13 febbraio del '95, quando Mannino non era più esponente di punta della Dc siciliana, ruolo consolidato nel corso di un cammino politico avviato nel 1967 e che lo ha visto diventare deputato regionale prima, assessore poi e più volte ministro (Agricoltura, Trasporti Mezzogiorno). A incrinare la sua carriera, le accuse di alcuni pentiti e indagini dense di intercettazioni. Mannino era ritenuto amico dei potenti esattori mafiosi Nino e Ignazio Salvo, referente di clan agrigentini, legato a esponenti della «stidda» e coinvolto nella gestione degli appalti. E avrebbe costruito le sue fortune elettorali grazie a un «patto» con la mafia. Dopo l'arresto, più volte i giudici gli hanno negato la scarcerazione nonostante le sue precarie condizioni di salute. Nel novembre del 1995 ottenne i domiciliari. Un mese dopo, molto provato, si presentò in aula per la prima volta. Il processo di primo grado è durato più di 5 anni e si è concluso con l'assoluzione. Poi per l'ex leone della Dc la condanna in appello. Sentenza annullata ieri. Mannino non nasconde la sua amarezza. «Ho smesso con la politica - ha detto - e mi dedico ai vigneti». Ritiene di avere poche speranze di vedere fatta giustizia nei suoi confronti: «Mi auguro di riuscire a restare in vita per quel giorno».