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«Ma ora servono misure strutturali Iniziamo dalla riforma dei servizi»

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Ma è stato anche sottosegretario alla presidenza del Consiglio (quando appunto Baffino era premier) con la delega ai servizi segreti. Ed è stato anche sottosegretario alla Difesa. Insomma, è certamente tra i maggiori esperti sotto la Quercia sia in materia di intelligence che di strategia militare. Ed è per questo che apre spiragli sul voto della missione in Iraq e avverte: «È necessaria una profonda riforma dei servizi segreti, altrimenti è difficile andare molto lontano». Onorevole, che cosa è cambiato dopo il 7 luglio? Dopo, insomma, l'attacco a Londra? «Molto. Vede, l'11 settembre, le Torri Gemelle, New York in fiamme, tutto è potuto succedere per l'effetto "sorpresa". Nessuno se l'aspettava. L'11 marzo, con le bombe a Madrid, è accaduto anche perché vi erano le elezioni politiche in quel Paese. Stavolta si è compiuto un nuovo passo in avanti, un nuovo balzo del terrorismo, se si vuole ancora più angosciante». Quale? «Si è colpita non una città qualsiasi, ma la capitale del Paese che ospitava il G8. E per giunta nel momento stesso in cui stava iniziando il vertice, al livello massimo di sicurezza. Questo dimostra molte cose». Quali? «Anzitutto il fatto che la strategia di Bush è fallita». Fallita? «Certo, al fondo dell'attacco in Iraq c'era una strategia chiara anche se mai esplicitata pubblicamente, ma solo sussurrata». E cioè? «E cioè che lanciando l'attacco in Iraq, con una classica battaglia campale, si sarebbero impegnate le "truppe" del terrorismo, sventando ulteriori attacchi in Occidente. Così non è avvenuto e proprio i fatti di Londra impongono una radicale revisione tattica e strategica». E ora? Come si esce da questa situazione? «Un attimo. Prima desidero fare una puntualizzazione. E riguarda l'Italia». E qual è? «Da giorni assistiamo a uno strano "gioco" da parte dell'onorevole Calderoli». Un gioco di provocazioni progressive... «Calderoli però non è uno qualunque. È un ministro della Repubblica. E le sue prese di posizione non restano chiuse nei confini nazionali, ma stanno avendo una notevole eco nei Paesi mediorientali. L'effetto per l'Italia è devastante». Onorevole, stiamo parlando di Calderoli. Non le pare di esagerare? «Senta, queste distinzioni le fa lei, le facciamo noi. Se guarda i media arabi, vedrà che quelle che chiama provocazioni vengono rappresentate come posizioni ufficiali di un ministro italiano. Se non di tutto il governo». Ma la Lega ha posto un problema: sono necessarie o no le leggi speciali in una fase speciale come quella attuale? «Su un punto siamo certamente tutti d'accordo: il terrorismo va combattuto. E tutti possiamo fare uno sforzo assieme. Voglio dirlo con chiarezza: la sinistra non intende stare a guardare. È pronta a svolgere un ruolo di prima fila, di governo». Detto ciò, come valuta il decreto che sta preparando il ministro dell'Interno Pisanu? «Ci possono essere dei punti di contatto e restano alcune ambiguità come l'utilizzo della legislazione antimafia. Aspetto di vedere il testo». Ma nell'impostazione generale è d'accordo? «Il vostro giornale commenta: "Non sono scafisti". E siamo d'accordo. Sono due argomenti diversi». Le sembrano sufficienti le misure delineate dal governo? «Credo che vada compiuto uno sforzo maggiore. Insomma, da quel che sappiamo mi pare di capire che manchino ancora le misure strutturali». Misure strutturali? «È necessario che si compia uno sforzo in più anzitutto in Europa. Non è pensabile che si debbano prendere decisioni a ogni costo all'unanimità. Non è sempre possibile. E non è soprattutto possibile pensare di fermare tutto in attesa che gli altri 24 Paesi si mettano d'accordo». Ma non si rischia di rompere ulteriormente l'Europa? «No, si tratta di fare il successivo passo. E cioè quello di rafforzare ancora di più la collaborazione tra le intelligence. Più lavoro spalla a spalla, maggiore scambio di informazioni, più operazioni insieme». Scusi, se ne parla da sempre. Visto che lei se ne è occupato, perché non si riesce a farlo? «Perch

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