Siniscalco: il governo non aumenterà l'Iva
Il primo ad intervenire sull'argomento è stato ieri il ministro alle Attività produttive Claudio Scajola, che ha ribadito l'impegno a «cancellare, a partire dal prossimo anno, l'Irap per tutte le imprese, dell'industria e del terziaro, e di non aumentare l'Iva, che avrebbe particolarmente penalizzato l'auspicata ripresa dei consumi». Un orientamento confermato dal responsabile dell'Economia Domenico Siniscalco e dal titolare del Welfare Roberto Maroni: «Abbiamo già escluso l'aumento dell'Iva e della tassazione sulle rendite finanziarie perché non si può finanziare una riduzione di imposte, come quella dell'Irap, con l'aumento di altre imposte. Berlusconi la pensa così e noi condividiamo questo criterio». Secondo il ministro del Carroccio, aumentare l'Iva per finanziare il taglio dell'imposta regionale sulle attività produttive «sarebbe come se una squadra di calcio che volesse lottare per lo scudetto vendesse tutti i suoi pezzi migliori. È una contraddizione in termini». Per Maroni, invece, le risorse vanno trovate da qualche altra parte: dal blocco senza deroghe del turn over nel pubblico impiego alla lotta all'evasione fiscale e al lavoro nero. «Queste tre cose possono infatti garantire risparmi strutturali che consentono di ridurre la pressione fiscale. Questo sì che è coerente». Un monito al governo ieri è arrivato invece dal presidente di Confcommercio Sergio Billé, che ha avvertito: «O il Dpef metterà in cantiere qualcosa di serio, per arginare l'aumento dei costi di gestione delle imprese e tutelare maggiormente il potere di acquisto delle famiglie, o i consumi prenderanno da qui a poco un altro bagno». «Mi piacerebbe essere ottimista - ha aggiunto il leader dei commercianti - ma non riesco ad esserlo più di tanto fino a quando non potrò verificare quale reale grado di affidabilità abbiano le misure contenute in questo Dpef, in quale direzione si muovano e per il raggiungimento di quali primari obiettivi. Mi pare - ha continuato Billé - che la mia prudenza sia più che giustificata perché di ciambelle di carta ne sono state lanciate fin troppe e con i risultati che tutti conosciamo». Billé ha riconosciuto comunque al governo il merito di aver scelto «una linea politica che almeno nel breve periodo puntasse più allo sviluppo che al rientro del nostro sempre più ingombrante deficit»; quando un sistema è a rischio affogamento - ha spiegato - l'unica cosa che si può fare, e di questo si è resa conto anche la Ue, è lanciargli una ciambella di salvataggio», anche se «resta da vedere se questa ciambella sarà robusta abbastanza da consentire al sistema di galleggiare». Per il presidente di Confcommercio però la riduzione del deficit «è una cambiale che dovremo cominciare a pagare, soldi in mano, fin dall'anno prossimo, altrimenti a metterci nel libro nero non saranno solo le autorità di Bruxelles ma anche le società di rating e un ulteriore declassamento del nostro sistema da parte di queste ultime ci manderebbe davvero al tappeto». Dal fronte sindacale infine, il leader della Cisl, Savino Pezzotta, concorda sulla necessità di non aumentare l'Iva: una misura questa, che «si ripercuoterebbe sui prezzi scaricandosi così sui ceti popolari. Se hanno bisogno di soldi - ha avvertito però il numero uno della confederazione di via Pò - vadano a prenderli dalle rendite immobiliari e finanziarie».