Casini rilancia la casa dei moderati
Gioca nervosamente con gli occhiali. Li indossa, li toglie, li pulisce, poi li indossa di nuovo. Pier Ferdinando Casini cerca con difficoltà di scrollarsi di dosso il suo ruolo istituzionale. Questo è il suo giorno, dopo più di tre anni torna, nelle vesti di fondatore dell'Udc, tra la sua gente. «Scusate - dice prendendo la parola sul palco del Palalottomatica - ma sono un po' nervoso perché mi ero ormai abituato a leggere i miei interventi e quindi non sono più abituato a parlare a braccio». E scatta puntuale l'applauso, solo il primo di una serie di lunghi applausi che più volte, durante il suo intervento, interroperanno il Presidente della Camera. D'altronde ci sarà un motivo se, alle 9.30, quasi un'ora e mezza prima dell'orario ufficiale in cui dovrà parlare Casini, il Palalottomatica è già preso d'assalto dai delegati. Qualcuno monta le bandiere che due carine signorine distribuiscono gentilmente all'entrata della sala. Nel palazzetto risuona a basso volume l'inno ufficiale del partito. Qualcuno lo fischietta, qualcuno (pochi per la verità) lo canta. La domanda che serpeggia tra la folla è una sola: cosa dirà Casini? Smentirà Follini, difenderà Berlusconi, si candiderà come leader del centrodestra? «No, non può scendere in campo - dice un delegato campano - la sua è una figura istituzionale. Farà un discorso per correggere il tiro rispetto alla relazione troppo dura di Marco, ma non scenderà in campo». E ha ragione. Casini la prende un po' alla larga, partendo da quando, con Buttiglione e gli amici del Cdu, decise di dar vita all'Udc. Il presidente della Camera si lega a quanto detto poco prima dal ministro dei Beni Culturali. «Grazie - dice -. Le parole pronunciate dal presidente del partito Buttiglione dimostrano che è stato giusto il percorso che abbiamo fatto, unendo Ccd e Cdu. Per fare ora un partito che non ha complessi di inferiorità. È e sarà a pieno titolo protagonista della vita politica». Applauso. Poi si lancia in un percorso culturale-politico di altissimo livello. Una sorta di programma ideale di quello che è l'unico vero obiettivo che, da qui alle elezioni, l'Udc e tutta la Cdl, devono avere: la costituzione del partito nuovo dei moderati italiani. Un partito «aperto a cattolici e laici», necessario per il rilancio e per «non spegnere la speranza dei moderati, farli vincere e radicarli nella società». E per raggiungere questo traguardo le parole d'ordine sono «verità e rigore», pena l'ingovernabilità e «l'emorragia silenziosa» dei consensi. Ovviamente Casini non è mai, neanche per un momento, in aperto disaccordo con quanto detto venerdì dal segretario Follini che, spiega, «ha un cattivo carattere, ma noi - aggiunge - preferiamo lui a chi non ha carattere». La sua analisi, però, è molto più pacata e non lesina nè qualche appunto alla linea dell'Udc («Pensare che noi non abbiamo difetti e il problema è Berlusconi, anche questo sarebbe sleale, ma sopratutto non sarebbe vero») nè complimenti al premier Berlusconi. «Senza il quale - dice - il centrodestra dal '94 non sarebbe esistito». Per il resto «Pier», come lo chiamano affettuosamente in platea, parla di referendum, di valori, di identità, di un «grande partito nazionale radicato nel cuore della gente, pluralista, popolare, giovane». Un partito ispirato al Ppe di cui lui sarebbe il leader naturale. Ovviamente questo Casini non lo dice, impegnato come è a difendere il ruolo istituzionale che ricopre («sono qui grazie a voi»). Così, novello Cincinnato, aspetta che siano gli altri a chiamarlo. Nel frattempo ha tracciato un programma, ha ipotizzato un contenitore e ora invita la Cdl ad una riflessione «seria». Nell'attesa incorona Follini segretario del partito e si gode la standing ovation di un Palalottomatica pieno come non lo era mai stato in questi giorni. «Pier è tornato ad occuparsi del partito - dice alla fine un delegato - e questo non può che farci enorme piacere».