Il referendum su Berlusconi divide l'Udc

Non si ammettono tentennamenti. O di qua, o di là. Chi sale sul palco del Palalottomatica di Roma può scegliere se «picchiare» su Berlusconi e quindi strappare l'applauso della platea, oppure gettare acqua sul fuoco e accontentarsi di tiepidi cenni di assenso. Sì, perchè dopo la chiamata alle armi di Follini, il popolo dell'Udc è tutto compatto con il suo segretario ed è quanto mai convinto che la soluzione dei problemi della Cdl sia una sola: «Berlusconi a casa». A nulla serve la sapiente esegesi della relazione introduttiva tentata dal capogruppo Udc al Senato Francesco D'Onofrio («dobbiamo essere razionali non emotivi») che arriva addirittura a citare con precisione le pagine in cui Marco Follini attacca il centrosinistra ribadendo che il partito ha già fatto la sua «scelta di campo». La folla è tutta con chi, senza mezzi termini, chiede la testa del Cavaliere. In primis Bruno Tabacci che riceve una vera e propria standing ovation mentre sui maxischermi appare, serio e preoccupato, il volto di Carlo Giovanardi che si lascia sfuggire anche un «no» di disapprovazione. La sintesi, anche visiva, di questo secondo congresso Udc è tutta qui. Da un lato del palco i «pompieri» Giovanardi e D'Onofrio (i «berluscones» dice qualcuno), dall'altro Follini, Tabacci e Buttiglione che, forse per dovere istituzionale (è il presidente del partito) forse per una scelta di campo, appena arriva al Palalottomatica va subito a sedersi al fianco del segretario. In realtà tra i due schieramenti non c'è quella freddezza che divide i nemici. Qui, dove tutto è «democristianamente» calcolato e pesato non ci si possono permettere pubblici litigi. Così visi sorridenti e grandi strette di mano. Poco conta se poi, in platea, i delegati si dividono tra «folliniani» e «giovanardiani». «Lui è con Follini» dice un delegato emiliano abbracciando un collega che sta parlando con Emerenzio Barbieri (il baccio destro del ministro per i Rapporti con il Parlamento). «Non è vero - risponde l'altro piccato - io sto con Follini, ma anche con Carlo. Dobbiamo essere uniti». La sintesi più completa, però, la fa il governatore siciliano Salvatore Cuffaro uno che, alla vigilia del congresso, era inserito nella lista dei «berluscones». «Siamo un partito postdemocristiano - dice - quindi, siccome io sono democristiano fino in fondo, punto a riaggregare la gente piuttosto che allontanarla. Il leader è ancora Berlusconi. Discutiamo su qual è il modo migliore per vincere le politiche del 2006». E a chi gli chiede notizie sulla corsa per la poltrona di segretario risponde: «Ci sarà una candidatura unitaria di Marco Follini». Insomma, si discute, si parla, ma alla fine, non succederà niente. Oggi, intanto, tocca a Pier Ferdinando Casini chiudere i lavori del congresso. Dopo il «poliziotto cattivo» Follini, il «poliziotto buono», potete giurarci, butterà acqua sul fuoco.