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Giovanardi rinuncia a tutto, il suo sogno ora è lasciare il governo per Strasburgo

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E a mano mano che qualcun altro critica l'operato del Governo si stizzisce sempre di più. Tanto che ad un certo punto, lascia il suo posto tra i «big» del partito e decide di sfogarsi con qualche delegato. Il ministro per i rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi, il più «berluscones» dell'Udc, cerca di buttare acqua sul fuoco delle polemiche contro gli alleati e avvicinandosi alle prime poltrone della platea dice un po' seccato: «C'è una strana tendenza a prendere applausi accusando Berlusconi, dobbiamo invece ammettere che noi siamo corresponsabili delle cose che non funzionano». All'inizio della seconda giornata di lavori congressuali all'Eur il ministro centrista appare piuttosto nervoso. Cammina per i corridoi del Palottomatica con passo veloce, non dà retta ai giornalisti che gli sia avvicinano, si siede sul palco senza salutare e sprofonda nella lettura di alcune carte. Si alza, si siede, parla con il deputato Emerenzio Barbieri nei corridoi del palazzetto che fu la sede dell'ultimo congresso della Dc. A vederlo così in fermento qualcuno comincia a pensare che Giovanardi stia ancora pensando ad una sua candidatura alternativa a Follini. E in verità i segnali ci sarebbero. Alcuni delegati ammettono che ancora se ne discute. Capannelli si formano attorno a Barbieri, che è quello che si era adoperato per la raccolta delle firme. Due delegati del Veneto svelano di una riunione avvenuta due sere fa tra una trentina di persone. Ma dopo chiosano che il ministro si è tirato indietro perché «non ha i numeri». In realtà, il motivo potrebbe essere un altro. Sembrerebbe infatti che Giovanardi stia covando altri progetti che non riguardano la guida del partito. Entro il 16 luglio dovrà decidere se restare al Governo o andarsene a Strasburgo. Il candidato che nel 2004 prese più voti di lui all'europarlamento, infatti, due settimane fa ha deciso di tornare nella sua Regione come consigliere. E Giovanardi, che dovrebbe succedergli, ieri ha confessato «di pensarci» e che da qui alla metà di luglio «tutto è possibile». Ecco dunque che cosa occupava la mente del ministro durante la giornata di ieri. Quelle telefonate continue probabilmente, servivano a valutare tutti i pro e i contro di un'eventuale dipartita in Europa. E il discorso alla platea, in effetti, più che una dichiarazione di battaglia sembrava quasi un commiato.

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