Alemanno-Fini, prime prove di intesa

Si parlano, si vedono, ragionano. Volendo riassumere la situazione, Fini sta cercando di scongiurare la costituzione di una vera e propria opposizione interna al proprio partito. E sta tentato di evitare che il ministro delle Politiche Agricole si mette alla testa del malcontento interno ad Alleanza nazionale, oramai sempre più vasto. E in parte c'è riuscito: almeno stando a vedere i risultati del breve colloquio di ieri. Alemanno non farà l'opposizione interna, ma piuttosto costituirà una minoranza. Non si tratta di una semplice differenza lessicale. In termini politici significa che il leader di destra sociale non farà l'anti-Fini, e d'altro canto non avrebbe senso in un partito fondato dal suo leader nel quale ancora (e nonostante tutto) si riconoscono la gran parte di militanti e simpatizzanti. No, non farà il suo opposto. Ma si metterà alla guida dell'area di critica, di quelli che vogliono, in poche parole, che la destra torni a fare la destra. Fini sta cercando di sminare anche questa ipotesi. D'altro canto se Alemanno andrà avanti per la sua strada lui sarebbe l'unico leader del centrodestra ad avere una minoranza interna al suo partito. E sarebbe l'unico, di fatto, ad avere un partito non tutto suo ma governato da una diarchia, retto su due persone. Alemanno, da parte sua, a questo punto non ha più nessun interesse a mollare la presa. Sta riuscendo nell'obiettivo che finora gli era mancato: sta allargando il suo consenso interno, visto che al suo fianco si sono schierati anche esponenti di An che sarebbe stato impensabile immaginare con lui. Come Fiori. Come Rebecchini. Come Selva, come gli ex dc. E la sua forza sta diventando sempre maggiore anche fuori da via della Scrofa. Le gerarchie della Chiesa guardano con attenzione al suo sforzo e sembrano oramai aver mollato il «diseducativo» Fini. E poi c'è Confindustria, il mondo della finanza con il quale pure Alemanno non è mai riuscito ad avere rapporti. Ora tutti hanno gli occhi su di lui e il leader di Destra sociale non può tornare indietro. Per questo insiste e avverte: «Io mi auguro che non ci sia un'opposizione interna ad Alleanza nazionale. Ma se non fosse possibile rilanciare il partito sui valori di Fiuggi, rispetto ad un unanimismo di facciata è certo preferibile che ci sia una maggioranza e una minoranza. Se opposizione ci sarà - risponde il ministro - non avrà solo il mio volto, ma quello di più persone». «Alleanza nazionale rischia sempre di più di perdere consensi - è l'allarme del ministro -, perché il problema di fondo è la forte demotivazione della base, le perplessità e le difficoltà che ci esprimono ogni giorno dirigenti locali, iscritti, simpatizzanti, elettori, che ci chiedono un segnale forte di cambiamento e che rischiamo di perdere se non saremo pronti ad un nuovo inizio». A questo punto bisognerà capire che farà Destra protagonista, la corrente di maggioranza di An che si riunirà stamattina in un hotel romano. È decisa a sostenere l'incompatibilità tra la eventuale carica di coordinatore unico (o segretario) e incarichi di governo. La Russa è andato a dirlo a Fini. Il quale, però, se davvero volesse conferire a Matteoli l'incarico di coordinatore unico lasciando che resti anche ministro, scatenerà ancora di più Alemanno e Storace. F. D. O.