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Si risparmia su tutto, non sulle auto blu

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La Finanziaria prevede tagli al parco macchine. Ma due terzi delle amministrazioni hanno chiesto deroghe

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Non c'è privilegio che abbia radici così profonde e in grado di resistere anche al più determinato governo. Ad ogni Finanziaria ci si riprova anche perchè a furia di raschiare il fondo del barile per far tornare i conti e sforbiciare a destra e a manca, lì si va sempre a parare. In nome anche di quella bonifica dei privilegi che ogni governo è pronto a declamare ai quattro venti quando al tempo stesso si prepara a chiedere ai contribuenti di tirare la cinghia. Un tentativo spesso più di facciata che di sostanza. Ed è quanto è successo anche con l'ultima Finanziaria. All'articolo 1 della manovra economica per il 2005 (nei commi 12, 13 e 14) si definivano le modalità per ridurre il parco delle auto blu. Ma con una via d'uscita. Ovvero la possibilità per le amministrazioni, che proprio non ne potevano fare a meno, di chiedere una deroga a questi tagli. L'obiettivo della Finanziaria era di ridurre le spese per i mezzi di trasporto destinati alle amministrazioni centrali dello Stato rispetto al 2004 di queste percentuali: del 10% nel 2005, del 20% nel 2006 e del 30% nel 2007. Quindi una cura dimagrante assolutamente graduale e niente affatto traumatica. Eppure il sistema, spaventato, si è ribellato. Ed è quanto è emerso a seguito di una interrogazione parlamentare promossa da Daniela Santanchè. L'esponente di Alleanza Nazionale ha chiesto di avere notizia sullo stato di attuazione di quell'articolo della Finanziaria cioè se tutte le amministrazioni avevano provveduto a inviare la documentazione sugli acquisti di auto. Risultato: su un totale di quindici relazioni pervenute ben dieci contengono una richiesta di deroga alle limitazioni di spesa. Il che vuol dire che ben due terzi delle amministrazioni puntano i piedi e di rinunciare alle auto con autista non ne vogliono sentir parlare. La resistenza è così forte che qualche ministero ci ha messo più tempo del dovuto a fornire i dati richiesti. Nell'interrogazione si dice infatti che il ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca e il ministero dell'Interno «in una prima fase avevano avuto qualche difficoltà nel tempestivo reperimento dei dati nei propri uffici periferici». Chissà se il ministro Moratti non sia tra coloro che non intende rinunciare all'auto blu. Le amministrazioni avvinghiate a questo privilegio restano ben nascoste dalla riservatezza dei dati. E a quanto pare sono pronte a dar battaglia alla Ragioneria Generale dello Stato che per verificare se la richiesta di deroga nasce da un'effettiva necessità delle amministrazioni e non è quindi solo la strenua difesa di un privilegio, ha chiesto una dettagliata documentazione agli uffici competenti. I ministeri dovranno insomma essere più che convincenti per mantenere intatto il loro parco auto blu. Ma soprattutto confidano nella lentezza della burocrazia che in questo caso lavora a loro favore. Nella difficile opera di disboscamento dei privilegi ci si sono impegnati più o meno tutti i ministri che hanno dato il nome a una riforma della pubblica amministrazione, facendone il loro cavallo di battaglia. Da Bassanini a Frattini, da governo dell'Ulivo al centrodestra, non c'è nessuno che non ne abbia fatto il simbolo della lotta al vecchio modo di concepire la macchina pubblica. L'auto blu, emblema per eccellenza del manager pubblico ha però resistito nel tempo. E ora ci si chiede: chi è che ancora non si decide a scendere da quel privilegio?

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