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Bossi si diverte a spaventare la Cdl

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Un ritorno da guerriero, nel suo stile, quello che gli piace tanto, con anche la citazione di Alberto da Giussano, il combattente simbolo del Carroccio. Ed è stato il Bossi di sempre, quello che piace ai leghisti e meno ai suoi alleati, quello che se la prende con Roma ladrona, che seppellisce il progetto del partito unico di Berlusconi e sbeffeggia l'Europa. Insomma il solito alleato scomodo da digerire per la Cdl e fedele, alla fine, solo a Silvio. Camicia sportiva a righine verdi, pantaloni scuri, Bossi non ha perduto l'abitudine di mandare all'aria i piani dell' organizzazione: come in passato si è fatto beffe della scaletta predisposta, ha fatto un primo intervento con un'ora di anticipo rispetto al previsto e poi, quando sembrava che avesse concluso e stesse per lasciare il campo, è ritornato sui suoi passi, ha ripreso il microfono e ha nuovamente parlato tra l'entusiasmo dei suoi sostenitori. Dal palco, stando in piedi, con il microfono a cuffia, ha parlato una prima volta per quasi quindici minuti e una seconda volta per circa dieci. Tempi significativi anche se ben lontani dalle due ore di arringa di altre Pontida. Ha mischiato, Bossi, i temi delle sue battaglie passate con quelle future, lasciando spazio anche alle riflessioni più intime. Ha detto un «no» al partito unico del centrodestra «perché il partito unico c'è già e siamo noi» e poi, in conclusione, ha esaltato la platea con un «non ci faremo fermare, Padania libera». «È stato un anno difficile — ha cominciato — l'anno scorso non sono potuto venire a Pontida. Ma è un anno che ho superato grazie alla Lega e ai militanti della Lega che mi hanno accompagnato, ospedale per ospedale. Io sapevo di non essere solo. Oggi sono a Pontida per ricominciare». Poi ha parlato di economia: «Qualche mese fa alcuni imprenditori ci hanno chiamato per parlare di imprese in crisi, noi abbiamo rilanciato i dazi doganali, abbiamo sottolineato che senza cambiare le regole del Wto le imprese sarebbero fallite. Oggi tocchiamo con mano la situazione di crisi». «I Paesi del sud-est asiatico e la Cina — ha aggiunto — producono in maniera più facile rispetto alle nostre imprese. Noi su questa questione abbiamo cercato di stimolare l'Europa ma niente è stato fatto. Abbiamo anche lottato contro questa Europa, questa Europa che voleva legalizzare la pedofilia. Io sapevo che questa Europa sarebbe fallita e l'ho detto, ed ero l'unico». Il leader del Carroccio si è concesso qualche pausa, un po' per la commozione un po' perché affaticato sotto il solleone da 40 gradi che gravava su Pontida. Ma ha sempre ripreso con slancio. Fino all'apoteosi accompagnata dai boati: «Sono venuto per sguainare la spada delle libertà che fu di Alberto da Giussano. Padania libera!». Più volte, prima di concludere il discorso, Bossi ha invitato la sua gente a scandire ritmicamente lo slogan «Padania libera» e poi ha aggiunto: «La Lega sta difendendo l'economia del Paese, della Padania e del Sud, tutti insieme contro il centralismo romano». «Ho avuto la maglietta con su scritto "Bentornato Umberto" — ha concluso riprendendo il microfono dopo aver finito il suo intervento — Sono felice. Questa è la mia giornata, è la mia festa, questa è la mia storia. Sono contento di essere qui. Non ci faremo fermare. Padania libera». E poi, a voce più bassa, «i bei tempi vengono...». A quel punto un nodo probabilmente gli ha stretto la gola mentre le urla della folla hanno cancellato qualsiasi altro suono.

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