di NICOLA IMBERTI ALLA fine aveva ragione lei.

Il loro gesto non fu capito anche se, ricorda Bindi, «La nostra mozione ricevette 120 voti». Oggi, però, i fatti vi hanno dato ragione? «Beh, c'è voluto esattamente un mesetto che era poi quello che chiedevamo noi. Noi non entravamo nel merito della mozione di Rutelli, Franceschini e Marini, volevamo solo che il partito si concedesse un supplemento di riflessione». Riflessione che alla fine c'è stata? «Grazie soprattutto al grande senso di responsabilità di Romano Prodi». E ora? «Mi sembra che ci siano tre punti qualificanti su cui anche la Margherita è d'accordo. Il primo è il rafforzamento della leadership di Prodi attraverso lo strumento delle primarie. Il secondo è l'unità della Margherita. È stato scongiurato il rischio di una scissione ora credo si aprirà un confronto per arrivare alla soluzione dei problemi che si sono creati in questi mesi. Il terzo è la presenza del simbolo e del progetto dell'Ulivo alle prossime elezioni. Questo è il punto che Prodi, per il momento, ha giustamente sacrificato in nome dell'unità, ma penso occorra tenere viva la volontà di rilanciare l'Ulivo». Su quest'ultimo punto la maggioranza del suo partito non è proprio d'accordo? «I tre sì lanciati da Rutelli all'assemblea di maggio erano: sì alla Margherita, sì all'Unione e sì alla Federazione dell'Ulivo. Io immagino si possa arrivare alla costituzione di tre tavoli uno che lavori sul programma dell'Unione, un altro che recuperi un'unità vera all'interno della Margherita e uno che rilanci l'Ulivo». Come si può ottenere l'unità nella Margherita? «Innanzitutto attraverso l'accoglienza piena di quella componente che adesso è un po' mortificata. Chi vince deve sempre essere magnanimo». C'è qualcosa che vuole dire a Rutelli? «Vorrei dirgli che questa è per lui una grande occasione e deve essere investita bene». Crede che ciò che accaduto al referendum possa impedire, in qualche modo, una discussione serena sul programma dell'Unione? «Credo che alcuni temi eticamente sensibili non debbano far parte del programma di governo, ma rappresentino un impegno della maggioranza in Parlamento. Se, ad esempio, ci trovassimo a ridiscutere la legge 40, non credo che questo possa avvenire attraverso un'iniziativa legislativa del governo, ma sarà il Parlamento, che è sovrano, a dover intervenire. Detto questo sono convinta che la coalizione dovrà fare lo sforzo di trovare un punto di incontro anche su questioni così importanti. La libertà di coscienza non può diventare un alibi».