«Fini può restare ma deve tornare alla base»
«Dobbiamo ripartire da Fiuggi, i pontieri non servono a nulla in questo delicato momento»
Mi sento molto in sintonia con la base, gli elettori e con tutta la gente che ha compreso quello che ho fatto. Ma anche con la classe dirigente di An c'è condivisione visto che nessuno nega che ci siano problemi veri da risolvere. Certo molti si pongono il problema di ribadire la loro devozione a Fini e la sua unicità, ma è una cosa superflua perché neanche io metto in discussione il ruolo di Fini». Gianni Alemanno, ministro delle Politiche Agricole, vicepresidente dimissionario di Alleanza Nazionale, aspetta l'assemblea del prossimo 2 luglio ma ribadisce la sua esigenza: chiarimento sui valori e fedeltà alla gente. «In An serve un chiarimento interno, c'è bisogno di chiarire quale è l'identità e l'indicazione del partito rispetto alcuni temi su cui non ci può essere evanescenza. Inoltre la fedeltà alla gente e all'elettorato di An che ha dato un segnale chiarissimo verso cui An deve essere conseguente». I finiani doc sono stati chiari: o ritira le dimissioni oppure va fino in fondo e crea l'opposizione interna al presidente del partito. Il ministro Landolfi dice di azzerare tutto per far ripartire il confronto produttivo nel partito. Lei che fa? «Questo di Landolfi mi pare un segnale molto positivo nei miei confronti perché dice che il problema non è Alemanno ma è il partito...un segnale che ho apprezzato molt. Comunque se non ci sono fatti politici sostaniali non ritiro nessuna dimissione». Quali potrebbero essere questi fatti? «Innazitutto un discorso di identità e di progetto: bisogna che dall'assemblea emerga una esatta centratura di An sui suoi valori, la sua identità e i suoi programmi. Poi ci vuole un percorso che rilanci questo nuovo inizio che è appunto la famosa conferenza programmatica che mi sembra che tutti quanti siano disponibili a fare compreso Fini. Terzo elemento l'aspetto gestionale che però non deve essere visto soltanto dal punto di vista organizzativo, peché per l'organizzazione credo basti un organo collegiale che gestisce congressi, collegi e altro. Ci vuole invece un riferimento politico che si occupi a tempo pieno del partito». Fini resta presidente ma subentra un segretario? «Le forme possono essere tante, ma l'importante è che ci sia un dirigente rappresentativo dal punto di vista politico che si occupi a tempo pieno della linea politica del partito». Finito il triunvirato è vero che sta cercando un'intesa con Gasparri. «Ci sono prove tecniche di trasmissione. In particolare c'è qualche vecchio patriarca, senza fare nomi, che sta cercando di lavorare su questo. Vediamo che succede». E Storace, suo alleato della Destra Sociale? «Storace è molto attivo anche come pontiere però ha chiaro che i problemi non possono essere elusi». Come arriverà al 2 luglio? «Non si tratta di arrivare al 2 luglio ma di riempire queste due settimane che mancano con iniziative, confronti con la base, chiarimenti culturali. L'assemblea non deve essere un episodio ma un continuum di cose che avvengono prima e continueranno dopo». Che ne pensa della classe dirigente che non è in grado di rivincere? «E chi lo dice?» Fabio Torriero «In questi casi si dice "Torriero chi"? Per carità, io per primo ho detto che siamo tutti in discussione, che tutti dobbiamo fare un passo indietro, però il problema politico è di rompere questa specie di unanimismo che non produce fatti politici. Esistono persone valide all'interno della classe dirigente del partito, ma bisogna rompere questa specie di incantesimo: tutti scarichiamo la guida del partito su Fini, ma lui non esercita questo ruolo e non attiva la realtà del partito». Si sente la mancanza delle contrapposizioni correntizie, delle famose tre anime del partito? «Innanzitutto effettivamente si sta producendo una scomposizione e ricomposizione che supera la tripartizione classica. Il fatto che le correnti non ci siano più è opportuno perché in esse si confondeva l'appartenenza politica con l'interesse personale: si legava inscindibilmente l'appartenenza politica all'interesse organizzativo: il rimescolamento delle carte è un fat