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Fini prova a mediare ma non ci riesce

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Storace con Alemanno all'attacco: «Serve una nuova Fiuggi». La Russa: «Siamo senza regole»

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E, intanto, fa la sua prima scoperta: nel partito la critica a lui e alla sua gestione non viene solo da Alemanno. Ma la contestazione, il malumore è più ampio. Anche più profondo. Il leader di An prende atto di questa situazione al termine di una serie di incontri con i vertici di An. Vede Alemanno e Storace, vede Publio Fiori. L'incontro più difficile è stato quello con Gianni Alemanno, «scortato» da Francesco Storace. Il vicepresidente dimissionario ha ribadito punto su punto tutte le sue scelte. Ha detto che nel partito c'è smarrimento, e ha spiegato che non è chiara più quale sia la linea politica. Proprio per questo ha insistito sulla necessità di una sorta di rifondazione di An, una nuova Fiuggi, con una nuova carta dei valori. «Anche al prezzo - dirà poi il ministro delle politiche agricole in un'intervista al Foglio - di mettere ai voti mozioni concorrenti, rischiando di ritrovarsi opposizione interna». Ma Alemanno non è solo. Anche Storace gli chiede a gran voce di fare chiarezza. E non lascia solo Alemanno, il quale a sua volta chiede a Fini a chiare lettere che il partito non è governato, lui non se ne occupa più e che in queste condizioni non è possibile andare avanti. E rilancia la sua proposta di scegliere un segretario politico del partito, copiando lo schema del Ds (grande strategia nelle mani del presidente D'Alema, gestione del partito al segretario Fassino). A questo punto Ignazio La Russa e Maurizio Gasparri temono che la situazione scivoli di mano anche a loro. Se due giorni fa erano intenti a mediare, adesso si sono resi conto che il malcontento interno è molto vasto e non è possibile lasciare tutta la contestazione nelle mani di Alemanno. Così, La Russa, parlando in una riunione di corrente, usa toni duri: «Siamo senza regole». E avverte che Destra protagonista dirà di sì al partito unico solo se saranno meglio definiti le regole interne e i valori di An. E convoca una riunione di componente per il 25 giugno. La situazione è davvero complicata. In questo marasma generale, Alfredo Mantovano, l'ex fedelissimo di Fini che gli si è messo contro, ha cominciato a stendere un documento con il quale si chiede ad An di riappropiarsi dei propri valori e della propria identità. E Fini? Media, si mostra diplomatico. Disponibile. Aperto al dialogo e pronto a venire incontro alle richieste che arrivano dai suoi. Ma non decide. Non decide nulla, non si sbilancia. Raccontano i suoi che anche lui non sa che cosa fare. Vuole recuperare il dissenso interno, ma allo stesso tempo, dopo dieci anni, ritiene conclusa l'esperienza di An così come è stata concepita. Pensa sia necessario rivedere il partito, la sua organizzazione. Ripensare tutto per aprirsi alla soluzione del partito unico, che però non è visto di buon occhio da Alemanno e Storace. Oggi rivedrà tutti e tutti assieme per la riunione dell'ufficio di presidenza del partito. Un passaggio in vista dell'assemblea nazionale di inizio luglio. Non scoprirà le carte per adesso, ma è fortemente tentato di fare un annuncio choc, magari lo scioglimento di An e la nascita di un nuovo soggetto. In modo da sparigliare i giochi, azzerare la contestazione, distrarre l'attenzione e far dimenticare anche questa volta che è lui lo sconfitto. Il principale suggeritore del presidente di An, Altero Matteoli, per esempio, parlando con i suoi, ha detto che il partito «è senza leadership». E dunque è necessario che Fini se ne riappropri, faccia un passo avanti, se ne rioccupi. Anche lui, sotto sotto, si rende conto che la situazione sta sfuggendo di mano. E che quello del ministro delle politiche Agricole non è un fuoco di paglia. E anche se lo fosse avrebbe ampi sostegni all'esterno. Da Confindustria alla Cisl, passando per qualche banca che tutto sommato spera in una destra forte. Più forte e più in grado di condizionare le grandi scelte. E più in grado di piegare Berlusconi. Insomma, Alemanno non è solo. Anzi.

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