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«Facciamo un comitato per difendere i valori»

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Carlo Casini 70 anni, presidente del Movimento per la vita, aspettava questa vittoria referendaria da quando «con i mezzi allora a disposizione» perse la battaglia contro l'aborto. Oggi è assolutamente raggiante anche se, spiega, «queste battaglie non si fanno per vincere o perdere, ma per difendere dei valori. Per questo penso che siamo solo all'inizio». Vuol dirmi che, alla vigilia, vi aspettavate un risultato del genere? «No, questo no. Era un risultato sperato, ma non immaginavamo di queste dimensioni. Tra l'altro se da quel 25% di votanti si toglie la percentuale di coloro che hanno votato no, il totale di coloro che vogliono l'abrogazione della legge 40 diminuisce ulteriormente». Cos'è che, secondo lei, ha permesso questa schiacciante vittoria? «Sicuramente l'impegno unitario di tutto il mondo cattolico, anche se, con questo referendum, si è ampiamente superata la contrapposizione tra laici e cattolici. Ma un peso importante credo l'abbia avuta anche la sensibilizzazione costante e silenziosa sui temi della difesa della vita che, in questi anni, come Movimento, non abbiamo mai smesso di fare». E ora, dopo questa vittoria, cosa succederà? State forse pensando di far rinascere la Democrazia Cristiana? «Personalmente penso che non potremo esimerci da una seria riflessione sul nostro futuro. In questi mesi laici e cattolici hanno provato la gioia di lavorare insieme combattendo una battaglia che non è di fede, ma di ragione. Francamente non parlerei di un partito, mi sembra un termine improprio. Piuttosto, se devo essere sincero, penso più ad un collegamento permanente che su grandi questioni come quella della difesa della vita, possa operare politicamente, ma ad un livello pre-partitico. Per capirsi penso ad una versione riveduta e modernizzata della vecchia Opera dei congressi. Quella che, per intendersi, nel 1874 nacque come prima manifestazione unitaria del laicato cattolico ottocentesco». Ne avete già discusso? Quali sono i passi da compiere? «In realtà siamo ancora in una fase iniziale. Non ci siamo ancora incontrati e quindi non voglio sbilanciarmi. Una cosa è certa il comitato Scienza & Vita non va dissolto, non va dissolta la rete di contatti che abbiamo creato in questi mesi, non vanno dissolti i rapporti di amicizia che hanno permesso a personalità illustri del mondo laico di sposare la nostra battaglia. Sulle modalità attraverso cui questo sarà possibile non so cosa dirle. Daremo vita ad un circolo pensante? Creeremo una struttura permanente che operi sul territorio? Non lo so, non ne abbiamo ancora parlato». E la Chiesa? Che ruolo avrà in questo processo? «La Chiesa è intervenuta su questo tema per dovere di carità, o se preferisce di solidarietà, verso il prossimo. In gioco c'era la vita stessa dell'essere umano e la Chiesa non poteva non intervenire. Questo non implica nessuna conseguenza pratica, la Chiesa è al di sopra delle logiche di partito. Quello che mi auguro è che la comunità cristiana sappia ripartire da qui per tornare ad incidere nella vita politica del paese non per imporre la propria fede, ma per rilanciare dei valori. Con questo referendum, secondo me, si è compiuta una vera e propria "rivoluzione copernicana". Se prima era la politica che doveva tutelare i cristiani, oggi, la comunità cristiana ha prestato la sua forza ad una politica smarrita che non sa più difendere l'uomo». Quindi il primo obiettivo è la riforma della 194? «Ripeto quello che ho già detto. Se mi chiede se mi piace la 194 è ovvio che le rispondo di no. Ciò nonostante non credo ci siano i presupposti per modificarla. Noi ci limitiamo a chiedere che la prima parte della legge, quella che riguarda la difesa della vita, venga finalmente attuata». N. I.

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