Per i Radicali è già ora di un'altra battaglia
Ieri, a margine di un convengo sulla riforma giudiziaria il ministro Castelli è intervenuto a proposito della situazione carceraria e del sovraffollamento degli istituti di pena. «A fronte di 60 mila detenuti nelle carceri italiane - ha detto Castelli - ve ne sono circa 100 mila condannati a pene detentive che sono in libertà per cui nel nostro paese abbiamo un indultino permanente. La situazione delle carceri non è gravissima ma allarmante sì, quindi meglio preoccuparsi prima piuttosto che piangere dopo». Immediata la replica di Daniele Capezzone. «Subito dopo il referendum sulla procreazione assistita - ha detto -, il Parlamento si assuma la responsabilità di dire se voterà o meno un provvedimento di amnistia o di indulto». Per il segretario dei Radicali, infatti, i dati allarmanti sul sovraffollamento delle carceri devono far «ragionare seriamente». L'impegno, dopo la tornata referendaria, sarà dunque quello di «aiutare il presidente Pecorella, che si è sino ad ora mosso con grande buona volontà, a calendarizzare in Commissione Giustizia alla Camera il provvedimento di amnistia e di indulto», tenuto conto che «l'89% dei detenuti vive tecnicamente in condizioni di illegalità». «Nonostante le battute del ministro Castelli siano ancora una volta indirizzate a far polemica non noi in modo gratuito e greve - ha aggiunto Capezzone - non raccogliamo. La questione è seria e non parliamo di cose serie. Sono lieto che il ministro si sia accorto, dopo quattro anni, che c'è un'emergenza. Castelli la smetta di insultare chi da trent'anni si occupa di carceri. Ricominciamo daccapo». A chi gli faceva notare, però, che secondo il Guardasigilli non ci sarebbe tempo materiale per di discutere e approvare provvedimenti di amnistia o indulto a meno che non si sacrifichino le riforme ferme in Parlamento, Capezzone ha replicato: «È paradossale che provvedimenti di clemenza vengano contrapposti alle riforme». Anche il sottosegretario alla Giustizia, Luigi Vitali (Fi), si è detto «personalmente favorevole» all'amnistia o all'indulto per risolvere il problema del sovraffollamento-record delle carceri, anche perché «un eventuale provvedimento di clemenza avrebbe come giusto contrappeso la "ex Cirielli", vale a dire la norma che introduce pene più severe per chi torna a delinquere e che riduce i tempi di prescrizione dei reati». Prima di divenire sottosegretario, il parlamentare azzurro seguì personalmente alla Camera, il complesso iter della "ex Cirielli". Oggi Vitali sostiene che la legge è uno dei quattro motivi per cui si può tornare a discutere di amnistia o di indulto. «Innanzitutto - spiega - è dal 1989 che non c'è un'amnistia, mentre prima ce ne era una ogni tre anni; in secondo luogo il Parlamento si era impegnato nei confronti del Papa Wojtyla, applaudendo la sua richiesta di un gesto di clemenza nei confronti dei detenuti; inoltre è stata creata una aspettativa nella popolazione carceraria; infine l'amnistia non sarebbe in contraddizione con la politica del governo che sta studiano un giro di vite nei confronti dei recidivi».